CORTE DEI CONTI Sezione regionale di controllo per la Puglia La Sezione, composta dai magistrati: Maurizio Stanco - Presidente; Carlo Picuno - consigliere; Michela Muti - primo referendario; Giovanni Natali - referendario, relatore; Nunzio Mario Tritto - referendario; ha adottato la seguente ordinanza nel giudizio per l'esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale approvato dal Comune di Lecce con deliberazione del Consiglio comunale n. 1 del 7 gennaio 2019; udito il relatore dott. Giovarmi Natali nella camera di consiglio del 21 maggio 2020, convocata con ordinanza n. 34/2020 e svoltasi in video conferenza mediante collegamenti da remoto ex decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 e decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27. Premesso in Fatto 1. Con deliberazione n. 54 del 20 luglio 2015 il Consiglio comunale di Lecce dava atto della chiusura del rendiconto 2014 (approvato con deliberazione consiliare n. 34 del 28 maggio 2015) con un risultato di amministrazione negativo di euro 79.840.304,15, derivante dal riaccertamento straordinario dei residui e dal primo accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilita' previsti dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 («Disciplina dell'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42»). Tenuto conto di quanto previsto: dall'art. 3, comma 16, del decreto legislativo n. 118/2011, in base al quale il maggiore disavanzo di amministrazione al 1° gennaio 2015, determinato dal riaccertamento straordinario dei residui e dal primo accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilita', e' ripianato in non piu' di 30 esercizi a quote costanti l'anno; dal d.m. 2 aprile 2015 («Criteri e modalita' di ripiano dell'eventuale maggiore disavanzo di amministrazione derivante dal riaccertamento straordinario dei residui e dal primo accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilita', di cui all'art. 3, comma 7, del decreto legislativo n. 118 del 2011»); dall'art. 2, comma 6, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 («Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuita' dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonche' norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali»), secondo cui «Gli enti destinatari delle anticipazioni di liquidita' a valere sul fondo per assicurare la liquidita' per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili di cui all'art. 1 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, utilizzano la quota accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell'acquisizione delle erogazioni, ai fini' dell'accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilita' nel risultato di amministrazione»; l'ente - destinatario a quella data di anticipazioni di liquidita' ex decreto-legge n. 35/2013 per complessivi euro 32 mln circa - rideterminava il citato disavanzo in euro 47.931.651,23, approvando un piano di rientro trentennale (dal 2015 al 2044) con quote annue di euro 1.597.721,00. 2. Con deliberazione n. 108/PRSP/2018 (depositata il 13 luglio 2018), adottata ai sensi dell'art. 148-bis del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL), la Sezione regionale di controllo per la Puglia della Corte dei conti accertava diverse criticita' nella gestione finanziaria del Comune di Lecce e prescriveva l'adozione entro sessanta giorni, da parte dell'ente, di ogni misura correttiva idonea a superare definitivamente le criticita' rilevate. 3. Con deliberazione n. 623 del 7 settembre 2018 la Giunta comunale di Lecce dava atto di una situazione di squilibrio strutturale, derivante da un deficit di euro 27 mln al 31 dicembre 2017 (euro 29/32 mln stimati al 31 dicembre 2018), ulteriore rispetto al citato maggior disavanzo in corso di recupero trentennale, rimettendo al Consiglio comunale la scelta in ordine ai seguenti tre percorsi alternativi di risanamento: a) strumenti ordinariamente previsti dagli articoli 188 (ripiano del disavanzo di' amministrazione) e 193 (salvaguardia degli equilibri di bilancio) TUEL in uno o al massimo tre anni; b) strumento straordinario ex articoli 243-bis e seguenti TUEL (procedura di riequilibrio finanziario pluriennale) in un periodo massimo di quindici anni; c) eventuale strumento straordinario derivante dalla proposta di emendamento al decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91 («Proroga di termini previsti da disposizioni legislative», c.d. decreto milleproroghe 2018) all'epoca in corso di conversione (avvenuta con legge 21 settembre 2018, n. 108), che avrebbe consentito di ripianare l'incremento del disavanzo in un periodo massimo di ventisei anni. 4. Con deliberazione n. 104 del 14 settembre 2018 il Consiglio comunale di Lecce si impegnava a intraprendere entro il 30 settembre 2018 - nel rispetto dei tempi imposti dalla deliberazione della Sezione n. 108/PRSP/2018 - i percorsi di risanamento necessari sulla base di una delle alternative prospettate dalla Giunta comunale con la citata delibera n. 623/2018. 5. Con deliberazione n. 125 del 28 settembre 2018, pubblicata il 3 ottobre 2018 e divenuta esecutiva il 13 ottobre 2018, trasmessa con nota del 15 ottobre 2018 a questa Sezione (prot. Cdc n. 4190 del 16 ottobre 2018) e al Ministero dell'interno, il Consiglio comunale, nel prendere atto di uno squilibrio strutturale non fronteggiabile con gli strumenti ordinari previsti dalla legge, decideva di: fare ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale disciplinata dagli articoli 243-bis e seguenti TUEL per una durata massima di quindici anni incluso il 2018 (alla stregua del testo all'epoca in vigore del comma 5-bis dell'art. 243-bis TUEL); chiedere un'anticipazione del «Fondo di rotazione per assicurare la stabilita' finanziaria degli enti locali» ex art. 243-ter TUEL nella misura da determinare con il piano di riequilibrio da approvare e nei limiti dell'importo massimo fissato dalla normativa. 6. Pronunciandosi ai sensi dell'art. 243-bis, comma 5, TUEL sulla proposta di delibera consiliare di adozione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale, con verbale n. 13 del 28 dicembre 2018 il Collegio dei revisori esprimeva parere favorevole sul piano e sulla correttezza dell'iter seguito per la revisione straordinaria dei residui attivi e passivi ex art. 243-bis, comma 8, lettera e), TUEL. 7. Con deliberazione n. 1 del 7 gennaio 2019, immediatamente eseguibile ex art. 134, comma 4, TUEL, il Consiglio comunale ha approvato - entro il termine perentorio di 90 giorni previsto dall'art. 243-bis, comma 5, TUEL - il piano di riequilibrio finanziario pluriennale (di seguito, in breve, «piano» o «PRFP») della durata di 15 anni (2019-2033), che: espone una massa passiva totale da ripianare a fine 2018 di euro 66.737.247,42, cosi' composta: disavanzo di amministrazione presunto al 31 dicembre 2018 di euro 72.935.074,60 che, a fronte di un obiettivo al 31 dicembre 2018 di euro 41.540.051,81 sulla base del richiamato piano di rientro trentennale del maggior disavanzo, ha prodotto uno scostamento di euro 31.395.022,79; anticipazione di tesoreria non rimborsata, incluse le somme vincolate non reintegrate, stimata al 31 dicembre 2018 in circa euro 32.000.000,00; debiti fuori bilancio per euro 1.842.224,63; passivita' pregresse (relative a conguagli di energie elettrica riferiti ad anni precedenti per i quali non sussistono stanziamenti) per circa euro 1.500.000,00; Parte di provvedimento in formato grafico Tab. 1 - massa passiva del Comune di Lecce - fonte: PRFP (p. 4) e' finalizzato al ripiano con quote costanti di euro 2.093.001,52 del citato disavanzo di euro 31.395.022,79, ulteriore rispetto a quello di euro 47.931.651,23, oggetto di recupero in trenta esercizi con quote annue di euro 1.597.721: Parte di provvedimento in formato grafico Tab. 1 - disavanzi del Comune di Lecce e durata dei relativi ripiani - fonte: PRFP (pp. 57-58) Alla luce dell'aggiornamento dei dati intervenuto rispetto alla deliberazione consiliare di ricorso alla procedura e delle misure medio tempore introdotte dalla legge di bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145) in tema di anticipazioni di tesoreria e di liquidita', l'ente ha ritenuto possibile realizzare il risanamento attraverso la procedura di riequilibrio pluriennale senza richiedere l'accesso al fondo di rotazione ex art. 243-ter TUEL. Con nota prot. 3199 dell'8 gennaio 2019 il piano e' stato inviato a questa Sezione (prot. Cdc n. 42 del 9 gennaio 2019) e al Ministero dell'interno, ai sensi dell'art. 243-quater, comrna 1, TUEL. 8. Con lettera prot. n. 69520 del 18 giugno 2019 inviata all'ente e, per conoscenza, alla Prefettura-UTG di Lecce e alla Sezione (prot. Cdc n. 2993 di pari data), la Direzione centrale della Finanza locale del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno ha chiesto - oltre alla trasmissione del prescritto parere dell'Organo di revisione - chiarimenti in relazione a taluni aspetti del piano, ai sensi dell'art. 243-quater, comrna 2, TUEL; il Comune ha fornito riscontro con nota prot. 106530 del 16 luglio 2019 (prot. Cdc n. 3353 del 17 luglio 2019), corredata di molteplici allegati. 9. Con lettera prot. n. 147239 del 13 novembre 2019 (prot. Cdc n. 5266 del 14 novembre 2019) il Ministero dell'interno ha trasmesso alla Sezione, ai sensi dell'art. 243-quater, comma 1, TUEL, la relazione della Commissione per la stabilita' finanziaria degli enti locali in merito al piano dell'ente; nelle considerazioni conclusive si afferma che: «Ferma restando la competenza della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti sulla corrispondenza, conformita' e proporzione delle misure di risanamento individuate dall'ente nel piano rispetto all'obiettivo del riequilibrio economico finanziario, il Comune di Lecce ha prodotto un piano in linea con i contenuti richiesti dalle disposizioni normative di riferimento e con le Indicazioni elaborate dalle Linee Guida elaborate dalla Corte dei conti, prospettando misure di riequilibrio sul versante dell'incremento delle entrate proprie e dando atto delle concrete attivita' poste in essere, con particolare riferimento al contrasto all'evasione tributaria». 10. Con note prot. n. 6178 del 2 dicembre 2019 e n. 6189 del 3 dicembre 2019 il magistrato istruttore ha chiesto chiarimenti in merito alle misure poste in essere per aumentare la riscossione tributaria e alle voci della massa passiva; l'ente ha fornito riscontro con nota prot. n. 176734 del 4 dicembre 2019 (prot. Cdc n. 6220 di pari data). 11. Con deliberazione n. 110/PRSP/2019, adottata nella camera di consiglio dell'11 dicembre 2019 convocata per la decisione sul piano ai sensi dell'art. 243-quater, comma 3, TUEL, la Sezione, considerato che: nel descrivere fattori e cause delle squilibrio (Sezione prima), in coerenza con le «Linee guida per l'esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale e per la valutazione della sua congruenza» di cui alla deliberazione della Sezione delle autonomie della Corte dei conti n. 5/SEZAUT/2018/INPR, il PRFP del Comune di Lecce rappresenta che: i) il passaggio alla contabilita' armonizzata realizzato con il decreto legislativo n. 118/2011 ha comportato l'emersione di un maggior disavanzo di euro 79.840.304,15; ii) detto importo, per effetto del citato art. 2, comma 6, del decreto-legge n. 78/2015, si e' ridotto a euro 47.931.651,23 e ne e' stato pianificato il rientro trentennale; con ordinanza n. 72 del 18 febbraio 2019, pubblicata G.U.R.I., 1ª Serie speciale (Corte costituzionale) n. 20 del 15 maggio 2019, le Sezioni Riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione della Corte dei conti hanno sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 6, del decreto-legge n. 78/2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125/2015, come interpretato autenticamente dall'art. 1, comma 814, della legge n. 205/2017, in relazione agli articoli 3, 81 97, primo comma, 119, sesto comma, e 136 Costituzione, adombrando la necessita' di tenere distinti gli accantonamenti del FAL e del FCDE per evitare espansioni della capacita' di spesa degli enti locali ed affermando che la norma di interpretazione autentica di cui alla legge n. 205/2017 rende ancor piu' evidente l'espansione della capacita' di spesa, in violazione dei predetti precetti costituzionali, consentendo tra l'altro di utilizzare il FAL per il ripiano del c.d. disavanzo tecnico di cui all'art. 3, comma 13, decreto legislativo n. 118/2011; «la predetta questione di legittimita' costituzionale appare rilevante per la valutazione - rimessa ex art. 243-quater, comma 3, TUEL a questa Sezione regionale di controllo - in ordine alla congruenza, ai fini del riequilibrio, del piano adottato dal Comune di Lecce, in quanto un eventuale accoglimento della ridetta questione inciderebbe sulle quote annue di ripiano del disavanzo previste nel PRFP»; ha sospeso il giudizio sul piano del Comune di Lecce fino alla definizione della questione di legittimita' costituzionale. 12. Con sentenza n. 4 del 28 gennaio 2020 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 2, comma 6, del decreto-legge n. 78/2015, convertito, con modificazioni, nella legge n. 125/2015, e dell'art. 1, comma 814, della legge n. 205/2017 per contrasto con gli articoli 81, 97, primo comma, e 119, sesto comma, Costituzione. 13. A seguito di tale sentenza, durante l'iter parlamentare di conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 («Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonche' di innovazione tecnologica», c.d. decreto milleproroghe, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8) e' stato inserito l'art. 39-ter, rubricato «Disciplina del fondo anticipazione di liquidita' degli enti locali», il quale: dispone che, in sede di approvazione del rendiconto 2019, gli enti locali accantonino il fondo anticipazione di liquidita' nel risultato di amministrazione al 31 dicembre 2019 (comma 1); introduce una misura che consente gradualita' nel ripiano del peggioramento del disavanzo determinato dall'accantonamento al fondo anticipazione di liquidita' disposto al comma 1 (comma 2); detta una nuova disciplina sulle modalita' di utilizzo del fondo di anticipazione liquidita' (comma 3); precisa che la quota del risultato di amministrazione accantonata nel fondo anticipazione di liquidita' e' applicata al bilancio di previsione anche da parte degli enti in disavanzo di amministrazione (comma 4). 14. Risultando cessata la causa della sospensione disposta con la citata delibera n. 110/PRSP/2019, con ordinanza presidenziale n. 5 del 5 febbraio 2020 la Sezione e' stata convocata in adunanza pubblica il 26 febbraio 2020 al fine di deliberare in ordine al piano in esame, con assegnazione del termine del 20 febbraio 2020 per la presentazione di memorie illustrative e documentazione da parte dell'ente. 15. Nelle memorie illustrative trasmesse alla Sezione con nota prot. 23766 del 19 febbraio 2020 (prot. Cdc n. 699 del 20 febbraio 2020) il Comune di Lecce ha rappresentato che: in base al comma 1 dell'art. 39-ter del decreto-legge n. 162/2019, «Al fine di dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 28 gennaio 2020, in sede di approvazione del rendiconto 2019 gli enti locali accantonano il fondo anticipazione di liquidita' nel risultato di amministrazione al 31 dicembre 2019, per un importo pari all'ammontare complessivo delle anticipazioni di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazione, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successivi rifinanziamenti, incassate negli esercizi precedenti e non ancora rimborsate alla data del 31 dicembre 2019». Prospettando l'accantonamento per il 2019 di complessivi euro 29.363.416,07, corrispondenti all'ammontare delle anticipazioni ex decreto-legge n. 35/2013 incassate negli esercizi precedenti e non ancora rimborsate al 31 dicembre 2019, il Comune ha prodotto la seguente tabella di confronto tra il risultato di amministrazione 2018 e il risultato di amministrazione presunto 2019, approvato con delibera di Giunta comunale n. 23 del 31 gennaio 2020 («Approvazione prospetto aggiornato riguardante il risultato di amministrazione presunto al 31 dicembre 2019 - art. 187, commi 3 e seguenti del decreto legislativo n. 267/2000»): Parte di provvedimento in formato grafico Tab. 2 - fonte: memorie del Comune di Lecce del 19 febbraio 2020 (.p. 2) in base al comma 2 del citato art. 39-ter, «L'eventuale peggioramento del disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2019 rispetto all'esercizio precedente, per un importo non superiore all'incremento dell'accantonamento al fondo anticipazione di liquidita' effettuato in sede di rendiconto 2019, e' ripianato annualmente, a decorrere dall'anno 2020, per un importo pari all'ammontare dell'anticipazione rimborsata nel corso dell'esercizio». Tenuto conto dell'incremento del disavanzo di amministrazione 2019 rispetto al 2018 causato dall'accantonamento al fondo anticipazione di liquidita' (FAL), il Comune ha evidenziato gli impatti del rientro dei diversi deficit sul bilancio previsionale 2020/2022, confrontandolo con quello degli anni precedenti, e le relative fonti di finanziamento: Parte di provvedimento in formato grafico Tab. 3 - fonte: memorie del Comune di Lecce del 19 febbraio 2020 (p. 2) i successivi commi 3 e 4 dello stesso art. 39-ter stabiliscono che «Il fondo anticipazione di liquidita' costituito ai sensi del comma 1 e' annualmente utilizzato secondo le seguenti modalita': a) nel bilancio di previsione 2020-2022, nell'entrata dell'esercizio 2020 e' iscritto, come utilizzo del risultato di amministrazione, un importo pari al fondo anticipazione di liquidita' accantonato nel risultato di amministrazione 2019 e il medesimo importo e' iscritto come fondo anticipazione di liquidita' nel titolo 4 della spesa dell'esercizio 2020, riguardante il rimborso dei' prestiti, al netto del rimborso dell'anticipazione effettuato nell'esercizio; b) dall'esercizio 2021, fino al completo utilizzo del fondo anticipazione di liquidita', nell'entrata di ciascun esercizio del bilancio di previsione e' applicato il fondo stanziato nella spesa dell'esercizio precedente e nella spesa e' stanziato il medesimo fondo al netto del rimborso dell'anticipazione effettuato nell'esercizio. La quota del risultato di amministrazione accantonata nel fondo anticipazione di liquidita' e' applicata al bilancio di previsione anche da parte degli enti in disavanzo di amministrazione». Secondo il Comune, il comma 3 consente di finanziare la quota capitale della rata annuale da rimborsare per gli incassi dell'anticipazione ex decreto-legge n. 35/2013 e seguenti non piu' con entrate correnti, come avvenuto finora, ma con l'utilizzo della quota accantonata del risultato di amministrazione: «Questo meccanismo neutralizza la necessita' di finanziare con entrate correnti, dal 2020, l'aumento del disavanzo causato da Fal. Conseguentemente si ritiene che, se da un lato e' indubbio che ci siano delle ripercussioni sul piano di riequilibrio del Comune di Lecce, in tutte quelle parti in cui si fa riferimento all'importo e alla natura del disavanzo di amministrazione, alle quote annuali di disavanzo da recuperare, dall'altro non e' necessario un ulteriore sforzo in termini di razionalizzazione di spesa/miglioramento di entrata rispetto a quanto evidenziato nella dimostrazione degli equilibri del piano; entra una nuova voce di spesa (la quota annuale di disavanzo da Fal), ma anche una nuova voce di entrata (la quota accantonata anno per anno del risultato di amministrazione, che finanzia l'intero debito residuo del Fal, anche la quota annuale)». Il Comune ha quindi evidenziato: i) la rideterminazione, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 2020, dell'obiettivo originario del piano al 31 dicembre 2019 (da euro 69.244.351,37 a euro 98.607.812,44), per effetto delle citate anticipazioni (euro 29.363.461,07) da contabilizzare separatamente tra le quote accantonate del risultato di amministrazione; ii) lo scostamento (euro 6.893.592,12), rispetto all'obiettivo cosi' rideterminato, del risultato di amministrazione 2019 presunto (euro 105.501.404,56) di cui al prospetto approvato con la citata delibera di Giunta comunale n. 23/2020: Parte di provvedimento in formato grafico Tab. 4 e 5 - fonte: memorie del Comune di Lecce del 19 febbraio 2020 (p. 4) 16. Con ordinanza presidenziale n. 14 del 25 febbraio 2020, constatata l'indisponibilita' del relatore per motivi di salute, la Sezione ha disposto il rinvio al giorno 11 marzo 2020 dell'adunanza pubblica per l'esame del piano adottato dal Comune di Lecce. 17. Con ordinanza presidenziale n. 22 del 9 marzo 2020, considerato il rinvio d'ufficio a data successiva al 22 marzo 2020 (da ultimo all'11 maggio 2020, per effetto dell'art. 36, comma 1, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante «Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonche' interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali») delle udienze e adunanze della Corte dei conti disposto dagli articoli 1, comma 1, e 4, comma 1, del decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11 (recante «Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epiderniologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attivita' giudiziaria») - successivamente abrogati, rispettivamente, dall'art. 83, comma 22 e dall'art. 85, comma 8, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (recante «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19» e convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27) - la Sezione ha disposto la comunicazione del rinvio ex lege a data successiva al 22 marzo 2020 dell'adunanza pubblica convocata il giorno 11 marzo 2020 e la fissazione della nuova adunanza con successivo atto. 18. Infine, con ordinanza presidenziale n. 34 del 4 maggio 2020, la Sezione e' stata convocata nella camera di consiglio del 21 maggio 2020 per deliberare sul piano di che trattasi, con assegnazione del termine del 19 maggio 2020 per il deposito di eventuali memorie da parte dell'ente. 19. Con nota prot. 57863 del 19 maggio 2020 (prot. Cdc n. 2212 di pari data) il Comune ha prodotto ulteriori memorie illustrative con cui ha: rappresentato che con delibera di Giunta si e' proceduto al riaccertamento ordinario dei residui, in attesa di ricevere il parere dell'organo di revisione; gli schemi contabili in via di predisposizione per l'approvazione del rendiconto di gestione 2019 confermerebbero i dati di pre-consuntivo inviati con la nota del 19 febbraio 2020 e, in particolare, un disavanzo al 31 dicembre 2019 di circa euro 104,7 mln; confermato le precedenti considerazioni in tema di impatto dei diversi deficit sul bilancio previsionale 2020/2022, tra cui quello derivante dall'accantonamento del FAL, nonche' in tema di modalita' di finanziamento del disavanzo da FAL. Considerato in Diritto 1. Le disposizioni di dubbia costituzionalita'. Ai sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 («Norme sui giudizi di legittimita' costituzionale e sulle garanzie d'indipendenza della Corte costituzionale») e dell'art. 23, comma 3, della legge 11 marzo 1953, n. 87 («Nonne sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale»), il Collegio ritiene di sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale in merito all'art. 39-ter, commi 2 e 3, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 («Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonche' di innovazione tecnologica»), inserito dalla legge di conversione 28 febbraio 2020, n. 8. Si riporta il contenuto integrale dell'art. 39-ter: «1. Al fine di dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 28 gennaio 2020, in sede di approvazione del rendiconto 2019 gli enti locali accantonano il fondo anticipazione di liquidita' nel risultato di amministrazione al 31 dicembre 2019, per un importo pari all'ammontare complessivo delle anticipazioni di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successivi rifinanziamenti, incassate negli esercizi precedenti e non ancora rimborsate alla data del 31 dicembre 2019. 2. L'eventuale peggioramento del disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2019 rispetto all'esercizio precedente, per un importo non superiore all'incremento dell'accantonamento al fondo anticipazione di liquidita' effettuato in sede di rendiconto 2019, e' ripianato annualmente, a decorrere dall'anno 2020, per un importo pari all'ammontare dell'anticipazione rimborsata nel corso dell'esercizio. 3. Il fondo anticipazione di liquidita' costituito ai sensi del comma 1 e' annualmente utilizzato secondo le seguenti modalita'. a) nel bilancio di previsione 2020-2022, nell'entrata dell'esercizio 2020 e' iscritto, come utilizzo del risultato di amministrazione, un importo pari al fondo anticipazione di liquidita' accantonato nel risultato di amministrazione 2019 e il medesimo importo e' iscritto come fondo anticipazione di liquidita' nel titolo 4 della missione 20 - programma 03 della spesa dell'esercizio 2020, riguardante il rimborso dei prestiti, al netto del rimborso dell'anticipazione effettuato nell'esercizio; b) dall'esercizio 2021, fino al completo utilizzo del fondo anticipazione di liquidita', nell'entrata di ciascun esercizio del bilancia di previsione e' applicato il fondo stanziato nella spesa dell'esercizio precedente e nella spesa e' stanziato il medesimo fondo al netto del rimborso dell'anticipazione effettuato nell'esercizio. 4. La quota del risultato di amministrazione accantonata nel fondo anticipazione di liquidita' e' applicata al bilancio di previsione anche da parte degli enti in disavanzo di amministrazione». 2. Legittimazione della Sezione ad adire la Corte costituzionale. In ordine alla legittimazione della Sezione a sollevare questione di costituzionalita' in via incidentale nell'ambito dei controlli sui piani di riequilibrio previsti dal titolo VIII del TUEL (rubricato «Enti locali deficitari o dissestati», nel cui ambito si collocano le disposizioni in tema di procedura di riequilibrio finanziario pluriennale: articoli 243-bis - 243-sexies), si richiamano i principi affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 18 del 2019 (ribadita sul punto dalla sentenza n. 105 del 2019), pronunciata con riferimento a fattispecie analoga a quella del presente giudizio. Con la citata pronuncia il Giudice delle leggi ha, tra l'altro, chiarito che: i controlli del titolo VIII del TUEL «consistono [...] in controlli di legittimità-regolarita' se non addirittura in attribuzioni di natura giurisdizionale. [...] Si tratta di finzioni - siano esse relative al controllo che alla giurisdizione - in cui l'attivita' della Corte dei conti risulta rigorosamente ancorata a parametri legali, tanto che la stessa attivita' di controllo e' sottoponibile al sindacato giurisdizionale delle Sezioni riunite in speciale composizione, in conformita' ai principi contenuti nella sentenza n. 39 del 2014 di questa Corte» (sentenza n. 228 del 2017)»; la legittimazione a sollevare questioni di legittimita' costituzionale e' stata riconosciuta alla Corte dei conti in sede di controllo preventivo di legittimita' sugli atti (sentenza della Corte costituzionale n. 226 del 1976) «in ragione della sua particolare posizione istituzionale e della natura delle sue attribuzioni di controllo. Sotto il primo aspetto, viene posta in rilievo la sua composizione di "magistrati, dotati delle piu' ampie garanzie di indipendenza (art. 100, comma 2, Costituzione)" e la sua natura di "unico organo di controllo che goda di una diretta garanzia in sede costituzionale". Sotto il secondo aspetto, viene in evidenza il peculiare carattere del giudizio portato dalla Corte dei conti sugli atti sottoposti a controllo, che si risolve nel valutarne "la conformita' (...) alle norme del diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente giuridico". Una funzione cioe' di garanzia dell'ordinamento, di "controllo esterno, rigorosamente neutrale e disinteressato (...) preordinato a tutela del diritto oggettivo"» (sentenza n. 384 del 1991). Detti caratteri costituiscono indubbio fondamento della legittimazione della Corte dei conti a sollevare questioni di costituzionalita', atteso che il riconoscimento di tale legittimazione, legata alla specificita' dei suoi compiti nel quadro della finanza pubblica, «si giustifica anche con l'esigenza di ammettere al sindacato costituzionale leggi che, come nella fattispecie in esame, piu' difficilmente verrebbero per altra via, ad essa sottoposte» (sentenza n. 226 del 1976)»; posta l'ascrivibilita' del sindacato sui bilanci degli enti territoriali alla categoria del controllo di legittimita', secondo l'orientamento costante della Corte costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 40 e n. 39 del 2014 e n. 60 del 2013) fin dalle riforme introdotte dal decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, «il controllo di legittimità-regolarita' sui bilanci presenta - rispetto al controllo sugli atti - un ulteriore carattere che lo avvicina ancor piu' al sindacato giurisdizionale. Infatti, mentre le pronunce di controllo di legittimita' sugli atti possono essere in qualche modo disattese dal Governo, ricorrendo alla registrazione con riserva, e dagli stessi giudici delle altre magistrature, nei confronti sia degli atti che hanno ottenuto la registrazione, sia delle situazioni generate dal diniego di visto, l'accertamento effettuato nell'esercizio di questo sindacato di legittimita' sui bilanci "fa stato" nei confronti delle parti, una volta decorsi i termini di impugnazione del provvedimento davanti alla Corte dei conti, sezioni riunite in speciale composizione». Le richiamate conclusioni, raggiunte dalla Corte costituzionale con riferimento alla funzione, attribuita alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, di «controllo dell'attuazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale approvato» (art. 243-quater, comma 6, TUEL), appaiono estensibili all'attivita' - parimenti intestata alle ridette Sezioni - propedeutica all'esercizio di quella funzione, ossia alla delibazione del piano sotto il profilo della sua «congruenza ai fini del riequilibrio», delibazione suscettibile di esitare nell'approvazione o nel diniego del piano stesso (art. 243-quater, comma 3, TUEL). 3. Impossibilita' di un'interpretazione costituzionalmente conforme. Occorre altresi' verificare la possibilita' di un'interpretazione delle disposizioni in esame conforme ai principi costituzionali, posto che, secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale, il giudice a quo, pena l'inammissibilita' della questione, ha l'onere di condurre detto esercizio ermeneutico per verificare la possibilita' di elidere il contrasto prospettato. Il Collegio non ritiene praticabile un'interpretazione dei commi 2 e 3 dell'art. 39-ter del decreto-legge n. 162/2019 diversa da quella letterale, che non lascia dubbi sulla effettiva volonta' del legislatore. D'altro canto, e' acquisizione condivisa che l'interpretazione conforme a Costituzione postula l'esistenza di un dato lessicale polisenso suscettibile di letture alternative, tale cioe' da esprimere, in applicazione dei generali canoni ermeneutici, due o piu' possibili significati, dei quali uno soltanto compatibile con i precetti costituzionali. Ne consegue che laddove, come nel caso di specie, l'univoco tenore letterale della norma non consente altre interpretazioni, l'accesso al sindacato di legittimita' costituzionale si configura come percorso obbligato. 4. Le anticipazioni di liquidita' e il FAL 4.1 Considerata «la straordinaria necessita' ed urgenza di intervenire in materia di pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione», il decreto-legge 8 aprile 2013, n.35 («Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per iI riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonche' in materia di versamento di tributi degli enti locali», convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64) ha introdotto misure dirette a consentire il pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni di debiti scaduti, con modalita' differenti per gli enti locali (art. 1), le Regioni e le Province autonome (art. 2), gli enti del Servizio sanitario nazionale per il tramite delle Regioni (art. 3) e le amministrazioni statali (art. 5). A tal fine il decreto-legge ha previsto (art. 1, comma 10) l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, di un fondo (denominato «Fondo per assicurare la liquidita' per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili»), la cui dotazione iniziale e' stata oggetto di successivi rifinanziamenti. Per quanto di interesse in questa sede, l'art. 1, comma 13, del decreto-legge in menzione ha previsto la possibilita' per «Gli enti locali che non possono far fronte ai pagamenti dei debiti certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012, ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro predetto termine a causa di carenza di liquidita'» di chiedere a Cassa Depositi e Prestiti (CDP) un'anticipazione di liquidita' da destinare ai predetti pagamenti e da restituire «con piano di ammortamento a rate costanti, comprensive di quota capitale e quota interessi, con durata fino a un massimo di trenta anni». 4.2 Tali risorse hanno la natura di una mera anticipazione: in altri termini, forniscono una provvista di liquidita', sul presupposto della temporanea difficolta' degli enti beneficiari a realizzare le entrate che - in base al principio generale di unita' del bilancio (Allegato 1 al decreto legislativo n. 118/2011, § 2: «E' complesso unitario delle entrate che finanzia l'amministrazione pubblica e quindi sostiene cosi' la totalita' delle sue spese durante la gestione») - offrono copertura alle spese poi pagate con la liquidita' in questione; quelle entrate, una volta incassate, saranno destinate all'adempimento del debito verso CDP, che ha sostituito quelli verso i precedenti creditori e che, rispetto a questi ultimi, gode di condizioni piu' favorevoli sub specie di tempi (fino a trenta anni) di rimborso. Diversamente, se cioe' gli enti beneficiari dovessero reperire nuove risorse per dare copertura alla restituzione della liquidita' ricevuta da CDP, si sarebbe in presenza non di un'anticipazione di cassa, ma di un finanziamento; l'operazione - ove la liquidita' fosse utilizzata per sostenere spesa corrente - risulterebbe in contrasto con l'art. 119, comma 6, Costituzione, secondo cui gli enti territoriali possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento, come elencate dall'art. 3, comma 17, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 («Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004»). In proposito, e' stato evidenziato che «Tale anticipazione consente di superare l'emergenza dei pagamenti dei debiti pregressi e si concretizza nella mera sostituzione dei soggetti creditori dell'ente al MEF in luogo degli originari creditori), Pertanto, l'anticipazione non puo' costituire il finanziamento di una nuova spesa» (Corte dei conti, Sezione delle autonomie, deliberazione n. 19 del 2014). E' stato altresi' chiarito che l'intervento statale e' stato originato dalla «esigenza di consentire alle amministrazioni territoriali pagamenti per spese gia' effettuate, con conseguente consegna di beni e servizi da parte di privati fornitori, ma senza corresponsione del prezzo pattuito, perche' le coperture formalmente previste nei bilanci degli enti non avevano trovato effettiva realizzazione»; cio', peraltro, non senza sottolineare la «gestione poco accorta» all'origine del fenomeno in questione, «che non si e' curata di allineare le possibilita' di spesa alle risorse realmente disponibili. Conseguentemente l'accesso alle anticipazioni di liquidita' si configura come un debito assunto per far fronte a debiti pregressi» (Corte dei conti, Sezione delle autonomie, deliberazione n. 28 del 2017). 4.3 L'eccezionalita' dell'intervento statale e l'anomalia patologica delle sottostanti gestioni hanno imposto un trattamento peculiare e differenziato rispetto al normale debito a lungo termine. 4.3.1 Sul punto occorre sinteticamente premettere che, in sede di approvazione del rendiconto della gestione, e' accertato il risultato di amministrazione, inteso quale saldo differenziale tra poste attive e passive in cui si articola il ciclo finanziario di un ente; ove negativo, il saldo esprime un valore (disavanzo) da recuperare per ripristinare l'equilibrio (pluriennale) tra entrate e spese. Il risultato di amministrazione e' stato oggetto di modifiche ad opera della riforma dell'armonizzazione contabile realizzata con il citato decreto legislativo n. 118/2011, con cui e' stato previsto un articolato sistema di fondi finalizzato a verificare l'effettiva condizione finanziaria degli enti territoriali. Da un lato, e' stato introdotto il fondo pluriennale vincolato (FPV), costituito da risorse gia' accertate destinate al finanziamento di obbligazioni passive gia' impegnate, ma esigibili in esercizi successivi a quello in cui e' accertata l'entrata; si tratta di «un saldo finanziario che garantisce la copertura di spese imputate agli esercizi successivi a quello in corso, che nasce dall'esigenza di applicare il principio della competenza finanziaria [...] e rendere evidente la distanza temporale intercorrente tra l'acquisizione dei finanziamenti e l'effettivo impiego di tali risorse» (punto 5.4 dell'Allegato 4/1 - «Principio contabile applicato concernente la programmazione di bilancio» - al decreto legislativo n. 118/2011); la considerazione di tale fondo precede la determinazione del risultato di amministrazione formale (detto anche «saldo contabile primario»). Dall'altro, il legislatore delegato ha previsto ulteriori fondi (distinti in accantonati, vincolati e destinati agli investimenti) che concorrono a definire il c.d. risultato di amministrazione sostanziale o «parte disponibile» del risultato. Essi operano sul saldo contabile primario, verificandone la capienza rispetto a spese o rischi ad esigibilita'/attualita' proiettata in esercizi finanziari. La dimensione normativa di quanto fin qui richiamato e' contenuta - per quanto concerne gli enti locali - nel TUEL e nell'Allegato n. 4/2 («Principio contabile applicato concernente la contabilita' finanziaria», punto 9.2) al decreto legislativo n. 118/2011. In particolare, in base al comma 1 dell'art. 186 («Risultato contabile di amministrazione») TUEL, «Il risultato contabile di amministrazione e' accertato con l'approvazione del rendiconto dell'ultimo esercizio chiuso ed e' pari al fondo di cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui passivi. Tale risultato non comprende le risorse accertate che hanno finanziato spese impegnate con imputazione agli esercizi successivi, rappresentate dal fondo pluriennale vincolato determinato in spesa del conto del bilancio». Ai sensi del successivo art. 187 («Composizione del risultato di amministrazione»), il risultato di amministrazione e' distinto in fondi liberi, fondi vincolati, fondi destinati agli investimenti e fondi accantonati (comma 1); questi ultimi comprendono gli accantonamenti per passivita' potenziali e il fondo crediti di dubbia esigibilita' (FCDE); nel caso in cui il risultato di amministrazione non sia sufficiente a comprendere le quote vincolate, destinate e accantonate, l'ente e' in disavanzo di amministrazione e tale disavanzo e' iscritto come posta a se' stante nel primo esercizio del bilancio di previsione secondo le modalita' previste dall'art. 188 (comma 2). 4.3.2 Cio' posto, assumendo alcune semplificazioni su variabili non necessarie ai fini in esame (FPV e parti accantonate, vincolate e destinate pari a zero) e ricordato che i residui attivi sono l'espressione di entrate accertate ma non ancora riscosse (ovvero riscosse ma non ancora versate) e, dunque, rappresentano crediti dell'ente pubblico nei confronti di terzi e che i residui passivi sono l'espressione di spese gia' impegnate e non ancora ordinate (ovvero ordinate ma non ancora pagate) e, pertanto, rappresentano debiti dell'ente pubblico nei confronti di terzi, si ipotizzi una situazione come quella sottostante: Parte di provvedimento in formato grafico Tornando al trattamento dell'anticipazione di liquidita', per evitare che essa possa generare effetti espansivi sulla capacita' di spesa e' stato previsto lo stanziamento, fra le spese del bilancio di previsione, di un fondo denominato Fondo anticipazione di liquidita' (FAL) non impegnabile, di importo pari alle anticipazioni di liquidita' incassate nell'esercizio, la cui economia confluisce nel risultato di amministrazione come quota accantonata, che permette di considerare le somme da restituire e di sottrarre le corrispondenti risorse dalla disponibilita' finale. In proposito, si ipotizzi che, a fronte della situazione finanziaria sopra descritta, l'ente interessato decida di accendere un'anticipazione di liquidita' pari a 300 (con un piano di ammortamento trentennale) per pagare debiti di pari importo. Cio' migliorera' il risultato di amministrazione formale, che risultera' incrementato di un importo pari alla liquidita' ricevuta e destinata alla riduzione dei residui passivi; l'accantonamento del FAL evitera' pero' che quella liquidita' possa incidere sul risultato sostanziale (che dunque resta immutato), evidenziando il debito restitutorio sorto verso CDP. La situazione che si determinera' sara' quella qui sotto riportata: Parte di provvedimento in formato grafico Come di recente affermato dalla Corte dei conti, Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione (ordinanza n. 5 del 18 febbraio 2019, con cui e' stata sollevata la questione di legittimita' costituzionale definita con la sentenza n. 4 del 2020), «[...] stanziando nella parte in uscita un fondo non impegnabile, di importo pari alle anticipazioni di liquidita' incassate nell'esercizio, si preclude qualunque utilizzo in bilancio di dette risorse per la copertura di disavanzi ovvero di spese diverse e ulteriori rispetto alla finalita' tipica del pagamento dei debiti pregressi previsti dalla legge. Inoltre, facendo confluire tale fondo (che essendo non impegnabile costituisce un'economia di spesa) nella parte accantonata del risultato di amministrazione, si sterilizza il miglioramento dello stesso, derivante dal pagamento dei residui passivi fatto con l'anticipazione, che viene erogata proprio per consentire il pagamento di debiti pregressi gia' regolarmente iscritti in bilancio ed impegnati (debiti «certi liquidi ed esigibili» ad una determinata data). In tal modo si impedisce che un'erogazione destinata ad incidere solo sulla cassa dell'ente determini un miglioramento del risultato di amministrazione e conseguentemente un incremento della capacita' di spesa. Da quanto detto discende che il FAL puo' modificarsi soltanto in seguito alla restituzione dell'anticipazione che avviene a «rate costanti, comprensive di quota capitale e quota interessi, con durata fino a un massimo di trenta anni (decreto-legge n. 35/2013, art. 1, c. 13, per gli enti locali e art. 2, c. 1, lettera c, per le regioni); piu' esattamente la riduzione puo' avvenire in misura corrispondente all'importo della quota capitale della rata di rimborso annuale». 4.4 La soluzione contabile fin qui descritta e' oggi positivizzata nell'allegato n. 4/2 al decreto legislativo n. 118/2011; in base al punto 3.20-bis (introdotto dall'art. 3 del d.m. 1° agosto 2019, recante «Aggiornamento degli allegati al decreto legislativo n. 118 del 2011»): le anticipazioni di liquidita' sono definite dall'art. 3, comma 17, della legge n. 350/2003 come «operazioni che non comportano risorse aggiuntine, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidita' e di effettuare spese per le quali e' gia' prevista idonea copertura di bilancio»; esse non costituiscono indebitamento agli effetti dell'art. 119 Costituzione e di norma si estinguono entro un anno; per le anticipazioni che devono essere chiuse entro l'anno, la natura di «anticipazione di liquidita' che non comporta risorse aggiuntive» e' rappresentata contabilmente dall'imputazione al medesimo esercizio dell'accertamento dell'entrata derivante dall'anticipazione e dell'impegno di spesa concernente il rimborso; per le anticipazioni a rimborso pluriennale, l'evidenza contabile della natura di «anticipazione di liquidita' che non comporta risorse aggiuntive» e' costituita dalla «iscrizione di un fondo anticipazione di liquidita' nel titolo 4 della spesa, di importo pari alle anticipazioni di liquidita' incassate nell'esercizio e non restituite, non impegnabile e pagabile, destinato a confluire nel risultato di amministrazione, come quota accantonata»; «Il meccanismo di creazione del fondo con corrispondente accantonamento in ogni caso costituisce strumento di sterilizzazione degli effetti espansivi della spesa e non deve costituire forma surrettizia di copertura di spese»; per le anticipazioni di cui al decreto-legge n. 35/2003 e successivi rifinanziamenti gli enti locali fanno riferimento alle indicazioni fornite dalla Corte dei conti con le deliberazioni della Sezione delle autonomie n. 33 del 2015 e n 28 del 2017. Con la deliberazione n. 33 del 2015 - resa nell'esercizio della funzione «nomofilattica» prevista dall'art. 6, comma 4, decreto-legge n. 174/2012 («Al fine di prevenire o risolvere contrasti interpretativi rilevanti per l'attivita' di controllo o consultiva o per la risoluzione di questioni di massima di particolare rilevanza, la Sezione delle autonomie emana delibera di orientamento alla quale le Sezioni regionali di controllo si conformano») - la Sezione delle autonomie ha delineato le modalita' di contabilizzazione delle anticipazioni di liquidita' da parte degli enti locali; a tal fine, dopo aver chiarito che: le anticipazioni in esame integrano «una specifica forma di "anticipazione di liquidita'" avente una peculiare modalita' di rimborso rateizzato che si estende su un arco temporale massimo di trenta anni, anziche' risolversi nell'ambito dello stesso esercizio finanziario, come per le comuni anticipazioni di cassa. Con tale operazione straordinaria si consente agli enti territoriali di ricostituire immediatamente le risorse di cassa necessarie ad onorare, indistintamente, debiti pregressi correnti e in conto capitale per i quali avrebbero dovuto essere gia' previste in bilancio le idonee coperture finanziarie. Il debito verso gli originari creditori si converte in un debito pluriennale verso la Cassa depositi e prestiti, equivalente sul piano economico ma maggiormente sostenibile in quanto la restituzione delle somme anticipate viene diluita nel tempo in modo da riallineare progressivamente la cassa con la competenza»; «Onde evitare effetti espansivi della capacita' di spesa, e' necessario che gli effetti dell'anticipazione sul bilancio di competenza vengano integralmente «sterilizzati», per il tempo necessario alla completa restituzione delle somme riscosse, provvedendo ad iscrivere nel titolo di spesa riguardante il rimborso dei prestiti una posta rettificativa, avente natura meramente finanziaria, corrispondente all'importo della coeva anticipazione riscossa in entrata. Cio' impedisce qualunque utilizzo in bilancio di dette risorse per la copertura di pregressi disavanzi ovvero di spese diverse e ulteriori rispetto alla finalita' tipica del pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili previsti dalla legge»; «Gli stessi oneri relativi al rimborso della quota capitale dell'anticipazione non potranno trovare copertura nell'anticipazione di liquidita' iscritta in entrata, ma dovranno essere finanziati a carico della situazione corrente del bilancio per non incorrere nel divieto di indebitamento di cui all'art. 119, comma 6, Costituzione o nella violazione degli equilibri del bilancio garantiti dall'art. 81 Costituzione. E' naturale, infatti, che l'anticipazione di liquidita', per il suo carattere neutrale rispetto alla capacita' di spesa dell'ente, sia finalizzata esclusivamente al pagamento dei debiti scaduti, non gia' anche al rimborso di se stessa»; la contabilizzazione delle anticipazioni di liquidita' mediante apposizione di un vincolo sul risultato di amministrazione e' soluzione recepita nell'art. 2, comma 6, decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, dal cui disposto risulta che gli enti locali destinatari delle anticipazioni, che abbiano costituito il fondo per assicurare la liquidita' per i pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili ex art. 1 del decreto-legge n. 35/2013, «utilizzano la quota accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell'acquisizione delle erogazioni, ai fini dell'accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilita' nel risultato di amministrazione»; ha affermato i seguenti principi di diritto: «Nei bilanci degli enti locali soggetti alle regole dell'armonizzazione contabile, la sterilizzazione degli effetti che le anticipazioni di liquidita' erogate ai sensi del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successive modificazioni, integrazioni e rifinanziamenti, producono sul risultato di amministrazione va effettuata stanziando nel titolo della spesa riguardante il rimborso dei prestiti un fondo, non impegnabile, di importo pari alle anticipazioni di liquidita' incassate nell'esercizio, la cui economia confluisce nel risultato di amministrazione come quota accantonata ai sensi dell'art. 187 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Il fondo di sterilizzazione degli effetti delle anticipazioni di liquidita' va ridotto, annualmente, in proporzione alla quota capitale rimborsata nell'esercizio»; «L'impegno contabile per il rimborso dell'anticipazione va imputato ai singoli bilanci degli esercizi successivi in cui vengono a scadenza le obbligazioni giuridiche passive corrispondenti alle rate di ammortamento annuali. La relativa copertura finanziaria va assunta a valere sulle risorse che concorrono all'equilibrio corrente di competenza, individuate ex novo ovvero rese disponibili per effetto di una riduzione strutturale della spesa»; «L'utilizzo del fondo di sterilizzazione ai fini dell'accantonamento al fondo crediti di' dubbia esigibilita' di cui all'art. 2, comma 6, decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, non deve produrre effetti espansivi della capacita' di spesa dell'ente». Le indicazioni offerte dalla pronuncia della Sezione delle autonomie sono state recepite dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 4 agosto 2016 («Aggiornamento degli allegati al decreto legislativo n. 118 del 2011, recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi») che, modificando alcuni allegati al decreto legislativo n. 118/2011, ha previsto, nella parte dedicata alla composizione del risultato di amministrazione, l'inserimento della voce «Fondo anticipazioni liquidita' decreto-legge n. 35 del 2013 e successive modifiche e rifinanziamenti» (art. 5, lettera e) e f) per il bilancio di previsione; art. 6, lettera f), per quel che concerne il rendiconto). Con la deliberazione n. 28 del 2017 la Sezione delle autonomie della Corte dei conti, sempre nell'esercizio della citata funzione nomofilattica, si e' pronunciata sull'interpretazione dell'art. 1, commi 692-701, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 («Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge di stabilita' 2016»), che - a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 181 del 2015 (cfr. infra) - hanno introdotto una peculiare disciplina della contabilizzazione delle anticipazioni di liquidita' erogate alle Regioni. Tale articolata normativa e' incentrata: sull'obbligo di iscrivere, nel titolo di spesa riguardante il rimborso dei prestiti, un fondo anticipazione di liquidita' di importo pari alle anticipazioni incassate nell'esercizio, non impegnabile e pagabile, destinato a confluire come quota accantonata nel risultato di amministrazione (comma 692); sull'utilizzo annuale del predetto fondo (commi 693, 695, 700) e sul ripiano dell'eventuale disavanzo risultante nell'esercizio di erogazione dell'anticipazione (commi 694 e 696) o derivante dall'accantonamento al fondo (comma 699). In proposito, la Sezione delle autonomie - dopo aver ribadito che le anticipazioni di liquidita' originano «dall'esigenza di consentire alle amministrazioni territoriali pagamenti per spese gia' effettuate, con conseguente consegna di beni e servizi da parte di privati fornitori, ma senza corresponsione del prezzo pattuito, perche' le coperture formalmente previste nei bilanci degli enti non avevano trovato effettiva realizzazione» - ha affermato, tra l'altro, i seguenti principi di diritto: «1) il fondo anticipazioni di liquidita' deve essere allocato in bilancio nel titolo IV della spesa come specifica voce del Rimborso prestiti, non impegnabile e non pagabile; detto fondo e' determinato ogni anno, rispetto all'anticipazione originariamente ottenuta, detraendo le rate gia' rimborsate e al netto della rata pagata nell'esercizio (comma 692) o nell'esercizio precedente (commi 698-700); lo stesso importo e' riportato come posta negativa alla specifica voce "Fondo anticipazioni liquidita' decreto-legge n. 35 del 2013 e successive modifiche e rifinanziamenti" nel prospetto dimostrativo della composizione del risultato d'amministrazione di cui all'allegato A) degli schemi di rendiconto (allegato 10 al decreto legislativo n. 118/2011); 2) la prima voce della spesa "Disavanzo di amministrazione" deve essere comprensiva della quota annuale di ripiano del disavanzo da accantonamento al fondo anticipazioni di liquidita' determinata in misura pari alla rata di rimborso annuale dell'anticipazione ricevuta; della specifica voce di disavanzo occorre dare distinta evidenza nella nota integrativa bilancio (paragrafo 9.11.7 del principio contabile 4/1 allegato al decreto legislativo n. 118/2011); 3) il fondo anticipazioni liquidita' sterilizzato nel risultato di amministrazione - come parte accantonata - e' annualmente applicato, ai sensi dell'art. 1, commi 693 e 700 della legge n. 208/2015, in entrata del bilancio di previsione dell'esercizio successivo come "Utilizzo fondo anticipazioni di liquidita'"; 4) tali modalita' operative devono essere seguite fino al termine del periodo contrattualmente previsto per l'integrale rimborso delle anticipazioni allo Stato, con conseguente azzeramento della voce "Utilizzo fondo anticipazioni di liquidita'"; 5) deve trovare adeguata contabilizzazione anche la quota di rimborso annuale dell'anticipazione di liquidita', da finanziare con risorse da individuare ex novo ovvero disponibili per effetto della riduzione strutturale della spesa». 5. La giurisprudenza in materia della Corte costituzionale. Nel ricordare il contesto dialettico «astretto tra i vincoli di indebitamento e l'indefettibilita' delle scadenze debitorie» in cui e' maturato il decreto-legge n. 35/2013, con la sentenza n. 181 del 2015 la Corte costituzionale - nel dichiarare l'illegittimita' delle leggi della Regione Piemonte n. 16 e n. 19 del 2013 nella parte in cui non prevedevano l'inserimento, nel titolo III della spesa del bilancio 2013, di una posta di importo pari alle somme complessivamente incamerate al titolo V dell'entrata ed erogate da parte dello Stato ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto-legge n. 35/2013 - ha chiarito che: le anticipazioni di liquidita' integrano «meccanismi finanziari attraverso i quali - pur rimanendo vietata la loro utilizzazione per la copertura di spese, che non sarebbero consentite dalla nostra Costituzione e dai vincoli europei - viene posto rimedio a gravi deficienze della disponibilita' di cassa degli enti interessati dai ritardi» (§ 4.2 del Considerato in diritto); un'interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata delle norme statali porta a concludere che le anticipazioni in esame «altro non costituiscono che anticipazioni di cassa di piu' lunga durata temporale rispetto a quelle ordinarie. La loro ratio, quale si ricava dalla genesi del decreto-legge e dai suoi lavori preparatori, e' quella di riallineare nel tempo la cassa degli enti strutturalmente deficitari con la competenza, attraverso un'utilizzazione limitata al pagamento delle passivita' pregresse unita a contestuali risparmi nei bilanci futuri, proporzionati alle quote di debito inerenti alla restituzione della anticipazione stessa cosi' da rientrare dai disavanzi gradualmente ed in modo temporalmente e finanziariamente proporzionato alla restituzione dell'anticipazione» (§ 4.3.2 del Considerato in diritto); l'obbligo di sterilizzare l'anticipazione (inizialmente previsto dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti con la deliberazione n. 19 del 2014 nell'esercizio della funzione nomofilattica in sede di controllo sugli enti territoriali e poi positivizzato dal legislatore) e' finalizzato a fare in modo che l'anticipazione in esame «da strumento di flessibilizzazione della cassa non diventi anomalo mezzo di copertura di nuove spese e di riduzione del disavanzo con modalita' contrarie agli articoli 81 e 119, sesto comma, Costituzione. L'anticipazione non deve, infatti, rappresentare una risorsa aggiuntiva per la copertura di spese o disavanzi, bensi' un istituto di natura finanziario-contabile avente lo scopo di fornire liquidita' per onorare debiti pregressi, gia' regolarmente iscritti in bilancio ed impegnati o comunque vincolati» (§ 6.1 del Considerato in diritto); dal combinato disposto dell'art. 119, sesto comma, Costituzione - che consente il ricorso all'indebitamento degli enti territoriali solo per finanziare spese di investimento - e dell'art. 3, comma 17, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004), secondo cui «[...] costituiscono indebitamento, agli effetti dell'art. 119, sesto comma, Costituzione, l'assunzione di mutui [...]. Non costituiscono indebitamento, agli effetti del citato art. 119, le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidita' e di effettuare spese per le quali e' gia' prevista idonea copertura di bilancio» - si ricava che «se l'anticipazione di liquidita' fosse da considerare un mutuo ai sensi del citato art. 3, comma 17, la norma statale che la prevede sarebbe in contrasto con il richiamato parametro costituzionale e, conseguentemente, sarebbe essa stessa illegittima [...] la combinazione di dette norme e la genesi del decreto-legge n. 35 del 2013 non consentono alternative alla classificazione quale anticipazione di liquidita' delle somme attribuite dallo Stato e da quest'ultimo acquisite attraverso l'emissione di titoli del debito pubblico» (§ 6.2 del Considerato in diritto). Con la sentenza n. 89 del 2017 la Corte costituzionale - nel dichiarare l'illegittimita' dell'art. 16 della legge della Regione Abruzzo n. 20 del 2013 riguardante le anticipazioni di liquidita' ex art. 3 del decreto-legge n. 35/2013 - ha precisato che: «la contabilizzazione dell'anticipazione di liquidita' non puo' essere disciplinata come un mutuo, la cui provvista finanziaria entra nel risultato di amministrazione per la parte attiva attraverso l'incameramento della sorte nel titolo di entrata dedicato ai mutui, prestiti o altre operazioni creditizie e serve a coprire, in parte spesa, gli investimenti. Nel caso del mutuo il capitale e gli interessi da restituire pesano sul risultato di amministrazione per la sola rata annuale, mentre nel caso dell'anticipazione e' l'intera somma "sterilizzata" ad essere iscritta tra le passivita'»; la legge di stabilita' per il 2016 (art. 1, comma 692, della legge n. 208/2015) prevede, come modalita' di registrazione dell'anticipazione di liquidita', l'iscrizione, «nel titolo di spesa riguardante il rimborso dei prestiti, [di] un fondo anticipazione di liquidita', di importo pari alle anticipazioni di liquidita' incassate nell'esercizio, non impegnabile e pagabile, destinato a confluire nel risultato di amministrazione, come quota accantonata definita dall'art. 42 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118», laddove la locuzione «confluire nel risultato di amministrazione come quota accantonata» altro non significa che «neutralizzazione» della correlata posta attiva ai fini del calcolo del risultato di amministrazione; il legislatore ha ulteriormente sviluppato gli enunciati della sentenza n. 181 del 2015 nel comma 698 della medesima legge di stabilita', prescrivendo che «[l]e regioni che [...], a seguito dell'incasso delle anticipazioni di liquidita' di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successivi rifinanziamenti, non hanno stanziato in bilancio, tra le spese, un fondo diretto ad evitare il finanziamento di nuove e maggiori spese e non hanno accantonato tale fondo nel risultato di amministrazione, previo parere dell'organo di revisione economico-finanziaria, provvedono a rideterminare [...]» il proprio risultato di amministrazione; tale enunciato esprime una regola che costituisce una mera specificazione contabile del citato art. 3 del decreto-legge n. 35 del 2013; il successivo comma 699 prevede «un percorso agevolato di ripiano del maggiore disavanzo derivante dall'accantonamento di cui al comma 698», disponendo che lo stesso avvenga annualmente, a decorrere dal 2016, per un importo pari all'ammontare dell'anticipazione rimborsata nel corso dell'esercizio precedente (§ 7.1 del Considerato in diritto). La sentenza n. 274 del 2017, dichiarativa dell'illegittimita' dell'art. 6 della legge della Regione Liguria n. 26 del 2016 (recante l'assestamento al bilancio di previsione per gli anni finanziari 2016-2018), ha affermato che: «[...] le anticipazioni di liquidita' costituiscono elemento influente sulla sola cassa e non un cespite utilizzabile nella parte attiva del bilancio. La loro contabilizzazione in entrata amplia artificiosamente le risorse disponibili consentendo spese oltre il limite del naturale equilibrio», con conseguente «[...] mancata copertura delle spese per l'insussistenza dei cespiti in entrata e il conseguente squilibrio del bilancio di competenza» (§ 4 del Considerato in diritto); il FAL non puo' essere inserito tra le partite attive ai fini della determinazione del risultato di amministrazione; cio' in quanto, dovendo operare in termini di sola cassa per fronteggiare la carenza di liquidita', «l'anticipazione di liquidita', per il suo carattere neutrale rispetto alla capacita' di spesa dell'ente, deve essere finalizzata esclusivamente al pagamento dei debiti scaduti relativi a partite gia' presenti nelle scritture contabili di precedenti esercizi e non figurare come componente attiva del risultato di amministrazione» (§ 4.3 del Considerato in diritto). Infine, con la sentenza n. 4 del 2020 la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimi: 1) l'art. 2, comma 6, del decreto-legge n. 78/2015, che consentiva, agli enti destinatari delle anticipazioni di liquidita' ai sensi del decreto-legge n. 35/2013, di utilizzare «la quota accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell'acquisizione delle erogazioni, ai fini dell'accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilita' nel risultato di amministrazione»; 2) l'art. 1, comma 814, della legge n. 205/2017 (legge di bilancio 2018), recante un'interpretazione autentica dell'art. 2, comma 6, del decreto-legge n. 78/2015. Secondo la Corte costituzionale, le due disposizioni contrastano con i parametri di cui agli artticoli 81, 97, primo comma e 119, sesto comma, Costituzione, che «operano in stretta interdipendenza, cosicche' l'anomala utilizzazione delle anticipazioni di liquidita' consentita dalle disposizioni impugnate finisce per ledere l'equilibrio del bilancio, il principio di sana gestione finanziaria e, contemporaneamente, viola la "regola aurea" contenuta nell'art. 119, sesto comma, Costituzione, secondo cui l'indebitamento degli enti territoriali deve essere riservato a spese di investimento» (§ 4, primo capoverso, del Considerato in diritto). In particolare - richiamata la distinzione funzionale fra l'accantonamento a titolo di fondo crediti di dubbia esigibilita' (FCDE) e quello a titolo di fondo anticipazioni di liquidita' (FAL) e ribadito che la ratio dell'anticipazione di liquidita' «e' quella di riallineare nel tempo la cassa degli enti strutturalmente deficitari con la competenza, attraverso un'utilizzazione limitata al pagamento delle passivita' pregresse unita a contestuali risparmi nei bilanci futuri, proporzionati alle quote di debito inerenti alla restituzione della anticipazione stessa cosi' da rientrare dai disavanzi gradualmente ed in modo temporalmente e finanziariamente proporzionato alla restituzione dell'anticipazione» - la Corte ha affermato che: la violazione dell'art. 119, sesto comma, Costituzione deriva dalla circostanza che le anticipazioni di liquidita' integrano «una forma straordinaria di indebitamento a lungo termine e - in quanto tali - sono utilizzabili in senso costituzionalmente conforme solo per pagare passivita' pregresse iscritte in bilancio. Esse sono prestiti di carattere eccezionale finalizzati a rafforzare la cassa quando l'ente territoriale non riesce a onorare le obbligazioni passive secondo la fisiologica scansione dei tempi di pagamento. La loro eccezionalita' dipende essenzialmente dal fatto: a) di essere inscindibilmente collegate a una sofferenza della cassa; b) di essere frutto di un rigoroso bilanciamento di interessi rilevanti in sede costituzionale e dell'Unione europea; c) di essere un rimedio contingente, non riproducibile serialmente nel tempo e inidoneo a risanare bilanci strutturalmente in perdita» (§ 4.1 del Considerato in diritto); le disposizioni censurate realizzano un'illegittima influenza sugli equilibri strutturali di bilancio in violazione degli artticoli 81 e 97 Costituzione; infatti, permettere la sostituzione dell'accantonamento a titolo di FCDE mediante la doppia contabilizzazione dell'anticipazione di liquidita' (che, nell'ottica delle disposizioni censurate, non solo determina il naturale incremento del saldo di cassa di fine esercizio, ma viene impiegata anche per l'indebita sostituzione del FCDE) «vanifica la possibilita' di stimare le risorse disponibili secondo prudenza, cosi' contraddicendo il presupposto funzionale del fondo stesso» destinato alla svalutazione crediti di dubbia esigibilita', individuabile - come chiarito dalla sentenza n. 138 del 2013 - nella necessaria integrazione legale al «principio della previa dimostrazione analitica dei crediti e delle somme da riscuotere, iscrivibili nelle partite dei residui attivi e computabili ai fini [del risultato di] amministrazione, [connotato dalla] stretta inerenza ai concetti di certezza e attendibilita' che devono caratterizzare le risultanze della gestione economica e finanziaria» (§ 4.2 del Considerato in diritto). 6. Rilevanza della questione. Ad avviso della Sezione, il presente giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale relativa agli artticoli 39-ter, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 162/2019. L'art. 243-quater, comma 3, TUEL prevede che «La sezione regionale di controllo della Corte dei conti [...] delibera sull'approvazione o sul diniego del piano, valutandone la congruenza ai fini del riequilibrio». Le «Linee guida per l'esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale e per la valutazione della sua congruenza (art. 243-quater, TUEL)», adottate dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti con deliberazione n. 5 del 2018, hanno precisato, tra l'altro, che: la valutazione di congruenza demandata alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti va effettuata alla stregua del principio contabile generale degli enti locali (Allegato 1 al decreto legislativo n. 118/2011) cosi' definito: «la congruita' consiste nella verifica dell'adeguatezza dei mezzi disponibili rispetto ai fini stabiliti. Il principio si collega a quello della coerenza, rafforzandone i contenuti di carattere finanziario, economico e patrimoniale, anche nel rispetto degli equilibri di bilancio. La congruita' delle entrate e delle spese deve essere valutata in relazione agli obiettivi programmati, agli andamenti storici ed al riflesso nel periodo degli impegni pluriennali che sono coerentemente rappresentati nel sistema di bilancio nelle fasi di previsione e programmazione, di gestione e rendicontazione»; La valutazione del piano impone un giudizio in termini di veridicita' e attendibilita' delle previsioni e, quindi, di sostenibilita' finanziaria del riequilibrio in base alle previsioni ritenute veritiere e attendibili. Le disposizioni introdotte dall'art. 39-ter del decreto-legge n. 162/2019 prevedono meccanismi di ripiano dell'eventuale peggioramento del disavanzo conseguente all'incremento dell'accantonamento al FAL effettuato in sede di rendiconto 2019 (comma 2) e di contabilizzazione del medesimo fondo (comma 3) direttamente incidenti sulla sostenibilita' del piano di riequilibrio del Comune di Lecce. Invero, avendo quest'ultimo fatto applicazione delle disposizioni, dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 4 del 2020, che consentivano l'utilizzo del FAL per il finanziamento del FCDE, il disavanzo oggetto di recupero mediante il piano di riequilibrio subisce un incremento di circa euro 30 mln (corrispondente al nuovo accantonamento a titolo di FAL nel risultato di amministrazione 2019) che l'ente - sulla base delle disposizioni in esame - potrebbe recuperare in un arco temporale corrispondente a quello del piano di restituzione dell'anticipazione ricevuta (fino a trenta anni) mediante un meccanismo di contabilizzazione del FAL svincolato dall'effettiva realizzazione dei residui attivi e che, diversamente dal vigente principio contabile, lo esonera dalla necessita' di reperire risorse per assicurare la restituzione della liquidita' incassata. Dubitando della compatibilita' costituzionale delle nuove modalita' di ripiano del maggior disavanzo e della connessa contabilizzazione del FAL, solo all'esito del vaglio di quella compatibilita' sara' possibile per la Sezione attendere alla valutazione di congruenza di cui essa e' intestataria. In altri termini, le disposizioni introdotte dall'art. 39-ter del decreto-legge n. 162/2019 si pongono quale paradigma normativo ineludibile ai fini della valutazione a cui e' chiamata la Sezione in ordine al piano di riequilibrio approvato dal Comune di Lecce, sussistendo «un nesso di pregiudizialita' fra la risoluzione della questione di legittimita' costituzionale e la decisione del caso concreto» (Corte costituzionale, sentenza n. 77 del 1983; in senso conforme, sentenze n. 10 del 1979, n. 420 del 1991, n. 343 del 1993, n. 390 del 1996, n. 92 del 2013). 7. La non manifesta infondatezza della questione. La Sezione ritiene che i commi 2 e 3 dell'art. 39-ter del decreto-legge n. 162/2019 siano in contrasto con i parametri di cui agli articoli 81, 97, primo comma, 119, sesto comma e 136 Costituzione per le ragioni di seguito emarginate. 7.1 Violazione dei principi di sana ed equilibrata gestione finanziaria. 7.1.1 In primo luogo, sono violati agli artticoli 81 e 97, primo comma, Costituzione, sotto il profilo della lesione dell'equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio e per contrasto con gli interdipendenti principi di copertura pluriennale della spesa e di responsabilita' nell'esercizio del mandato elettivo. L'art. 39-ter, dopo aver previsto l'accantonamento del FAL nel risultato di amministrazione al 31 dicembre 2019 per un importo pari all'ammontare complessivo delle anticipazioni di cui al decreto-legge n. 35/2013 incassate negli esercizi precedenti e non ancora rimborsate a fine esercizio 2019 (comma 1), prescrive che l'eventuale peggioramento del disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2019 rispetto all'esercizio precedente, per un importo non superiore all'incremento dell'accantonamento al fondo effettuato in sede di rendiconto 2019, sia ripianato annualmente, a decorrere dal 2020, per un importo pari all'ammontare dell'anticipazione rimborsata nel corso dell'esercizio (comma 2). La declaratoria di illegittimita' contenuta nella sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 2020 ha prodotto l'eliminazione di una tecnica contabile (assorbimento del valore di un accantonamento in altro, con minore accantonamento complessivo nel risultato di amministrazione), disvelando l'effettivo ammontare dei disavanzi risultanti dai rendiconti nei quali e' avvenuta la sua applicazione. Come chiarito dalla Corte costituzionale, «Se i precetti espressi negli articoli 81 e 97, primo comma, Costituzione, hanno i caratteri di principi generali, nondimeno essi sono anche invertiti dalle specifiche disposizioni normative che disciplinano - a regime - la gestione dei disavanzi degli enti territoriali» (sentenza n. 18 del 2019, § 5 del Considerato in diritto). Per quanto concerne gli enti locali, vengono in rilievo: l'art. 9 della legge n. 243/2012 (nel testo risultante a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 12 agosto 2016, n. 164) che, dopo aver previsto che i bilanci di regioni, comuni, province, citta' metropolitane e Province autonome di Trento e di Bolzano si considerano in equilibrio quando, sia nella fase di previsione che di rendiconto, conseguono un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali (comma 1), dispone che qualora, in sede di rendiconto di gestione, uno dei citati enti registri un valore negativo del saldo di cui al medesimo comma 1, lo stesso adotta «misure di correzione tali da assicurarne il recupero entro il triennio successivo, in quote costanti» (comma 2); l'art. 188 («Disavanzo di amministrazione») TUEL, in base al quale «L'eventuale disavanzo di amministrazione, accertato ai sensi dell'art. 186, e' immediatamente applicato all'esercizio in corso di gestione contestualmente alla delibera di approvazione del rendiconto. [...] Il disavanzo di amministrazione puo' anche essere ripianato negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della consiliatura, contestualmente all'adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di rientro dal disavanzo nel quale siano individuati i provvedimenti necessari a ripristinare il pareggio» (comma 1). Nell'ambito di tale tessuto normativo sono state apportate le seguenti deroghe: a) l'art. 3, comma 16, del decreto legislativo n. 118/2011, che prevede un ripiano in non piu' di 30 esercizi a quote costanti l'anno dell'eventuale maggiore disavanzo di amministrazione al 1° gennaio 2015, determinato dal riaccertamento straordinario dei residui e dal primo accantonamento al FCDE; b) l'art. 243-bis, comma 5-bis, TUEL, che consente, a comuni e Province per i quali sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, di ricorrere a un piano di riequilibrio finanziario pluriennale la cui durata e' attualmente compresa tra quattro e venti anni. Con riferimento all'art. 3, comma 16, del decreto legislativo n. 118/2011, la Corte costituzionale ha peraltro evidenziato la natura eccezionale dell'ipotesi legislativa «sorretta dal convincimento che in sede di riaccertamento straordinario sarebbero emersi, una volta per tutte, i consistenti disavanzi reali, cui si sarebbe posto rimedio, in via definitiva, con un rientro pluriennale» (sentenza n. 18 del 2019, § 5.1 del Considerato in diritto). Pertanto, in base alla disciplina ordinaria, i disavanzi degli enti locali devono essere ripianati entro il triennio considerato dal bilancio di previsione e, comunque, entro la durata della consiliatura. Il fondamento di tale regola e' stato individuato dal giudice costituzionale nel principio di responsabilita' del mandato elettivo, secondo cui ciascun amministratore democraticamente eletto deve rispondere del proprio operato agli amministrati: «[...] l'ordinamento finanziario-contabile prevede, in via gradata: a) l'immediata copertura del deficit entro l'anno successivo al suo formarsi; b) il rientro entro il triennio successivo (in chiaro collegamento con la programmazione triennale) all'esercizio in cui il disavanzo viene alla luce; c) il rientro in un tempo comunque anteriore alla scadenza del mandato elettorale nel corso del quale tale disavanzo si e' verificato. In sostanza, la fattispecie legale di base stabilisce che: a) al deficit si deve porre rimedio subito per evitare che eventuali squilibri strutturali finiscano per sommarsi nel tempo producendo l'inevitabile dissesto; b) la sua rimozione non puo' comunque superare il tempo della programmazione triennale e quello della scadenza del mandato elettorale, affinche' gli amministratori possano presentarsi in modo trasparente al giudizio dell'elettorato al termine del loro mandato, senza lasciare "eredita'" finanziariamente onerose e indefinite ai loro successori e ai futuri amministrati; c) l'istruttoria relativa alle ipotesi di risanamento deve essere congrua e coerente sotto il profilo storico, economico e giuridico» (sentenza n. 18 del 2019); «Il principio dell'equilibrio di bilancio non corrisponde ad un formale pareggio contabile, essendo intrinsecamente collegato alla continua ricerca di una stabilita' economica di media e lunga durata, nell'ambito della quale la responsabilita' politica del mandato elettorale si esercita, non solo attraverso il rendiconto del realizzato, ma anche in relazione al consumo delle risorse impiegate» (sentenza n. 18 del 2019, richiamata sul punto dalla sentenza n. 4 del 2020). Cio' posto, con il comma 2 dell'art. 39-ter, l'eventuale peggioramento del disavanzo al 31 dicembre 2019 rispetto all'esercizio precedente, per un importo non superiore all'incremento dell'accantonamento al fondo anticipazione di liquidita' effettuato in sede di rendiconto 2019, trova un unico indifferenziato sistema di rientro, scisso e indipendente dagli esercizi nei quali si e' formato, che viene calibrato sulla restituzione delle rate annuali residue delle anticipazioni di liquidita' ricevute negli anni, aventi un orizzonte massimo trentennale. In sostanza, il disavanzo in ipotesi emergente dall'obbligatorio accantonamento dell'intera anticipazione non rimborsata alla data del 31 dicembre 2019 viene a essere ripianato, annualmente, della sola quota rimborsata nel corso dell'esercizio, con conseguente incremento della capacita' di spesa. Si assiste, pertanto, a una rilevante deroga al normale regime di rientro dal disavanzo; e cio' in assenza di circostanze eccezionali, espresse o comunque rinvenibili nell'ordinamento finanziario degli enti locali, che possano giustificare tale divaricazione. La norma in esame, abbandonando la disciplina ordinaria, ne vulnera i principi ispiratori, producendo l'effetto perverso di consentire il trasferimento dell'onere del debito (disavanzo) dalla generazione che ha goduto dei vantaggi della spesa corrente a quelle successive, considerato che il ripiano del disavanzo segue il medesimo ammortamento trentennale dell'anticipazione. In tal modo risultano ingiustificatamente incisi «elementari principi di equita' intergenerazionale», comportanti «la necessita' di non gravare in modo sproporzionato sulle opportunita' di crescita delle generazioni future, garantendo loro risorse sufficienti per un equilibrato sviluppo» (sentenza n. 18 del 2019). Principi analoghi sono stati espressi dalla sentenza della Corte costituzionale n. 107 del 2016, con cui e' stata rilevata l'incompatibilita' con la Costituzione, e in particolare con il principio dell'equilibrio di bilancio, delle misure legislative tendenti a perpetuare nel tempo il deficit strutturale attraverso plurimi rinvii, si' da impedire un effettivo risanamento dell'ente: «Ferma restando la discrezionalita' del legislatore nello scegliere i criteri e le modalita' per porre riparo a situazioni di emergenza finanziaria [...], non puo' tuttavia disconoscersi la problematicita' di soluzioni normative continuamente mutevoli [...], le quali prescrivono il riassorbimento dei disavanzi in archi temporali molto vasti, ben oltre il ciclo di bilancio ordinario, con possibili ricadute negative anche in termini di equita' intergenerazionale» (§ 4.1 del Considerato in diritto). 7.1.2 Quanto alle modalita' di utilizzo del fondo anticipazione liquidita', il comma 3 dell'art. 39-ter stabilisce che: nel bilancio di previsione 2020-2022: i) fra le poste di entrata dell'esercizio 2020 e' iscritto un importo pari al fondo anticipazione di liquidita' accantonato nel risultato di amministrazione 2019, come utilizzo del risultato di amministrazione; ii) il medesimo importo e' iscritto come fondo anticipazione di liquidita' nel titolo 4 della missione 20 - programma 03 della spesa dell'esercizio 2020, riguardante il rimborso dei prestiti, al netto del rimborso dell'anticipazione effettuato nell'esercizio (lett. a); a partire dal bilancio 2021 e fino al completo utilizzo del fondo anticipazione di liquidita', fra le poste di entrata e' applicato il fondo stanziato in spesa dell'esercizio precedente e in spesa e' stanziato lo stesso fondo, al netto del rimborso dell'anticipazione effettuato nell'esercizio (lett. b); a. La disciplina in esame consente di finanziare la restituzione delle quote annuali di rimborso dell'anticipazione ricevuta con l'utilizzo della quota accantonata come FAL nel risultato di amministrazione. In base all'esempio prima prospettato (anticipazione di liquidita' per 300, con piano di ammortamento trentennale), le nuove modalita' di contabilizzazione del FAL possono essere schematicamente cosi' rappresentate: Parte di provvedimento in formato grafico Si tratta di un meccanismo che realizza una soluzione di continuita' rispetto alla disciplina racchiusa nel principio contabile applicato concernente la contabilita' finanziaria (allegato n. 4/2 al decreto legislativo n. 118/2011, punto 3.20-bis), che - come sopra visto - richiede, per gli enti locali beneficiari dell'anticipazione di liquidita' ex decreto-legge n. 35/2003 e successivi rifinanziamenti, l'acquisizione di nuove risorse per il pagamento della restituzione della rata annuale. In particolare, la citata deliberazione della Sezione delle autonomie della Corte dei conti n. 28 del 2017 - a cui rinvia il principio contabile applicato - ha affermato che «[...] l'impegno contabile per rimborso dell'anticipazione va imputato ai singoli bilanci degli esercizi successivi in cui vengono a scadenza le obbligazioni giuridiche passive corrispondenti alle rate di ammortamento annuali. La relativa copertura finanziaria va assunta a valere sulle risorse che concorrono all'equilibrio corrente di competenza, individuate ex novo ovvero rese disponibili per effetto di una riduzione strutturale della spesa (Sezione delle autonomie, deliberazione n. 33/SEZAUT/2015/QMIG). Appare, quindi, evidente che la copertura per le quote annuali di rimborso non puo' essere individuata nel predetto fondo anticipazione di liquidita' nel rispetto dei principi costituzionali di buon andamento e sostenibilita' del debito pubblico sanciti dall'art. 97 della Costituzione». Il principio contabile appare ispirato da ragioni di prudenza; non si confida nell'effettiva riscossione (in conto residui) delle entrate previste nei bilanci (la cui mancata acquisizione ha causato la crisi di liquidita' all'origine del ricorso all'anticipazione), ma si richiedono nuove entrate (in conto competenza) idonee a offrire reale capacita' di restituzione della liquidita' ricevuta. Il dubbio sulle pregresse coperture, peraltro, sembra essere avvertito dallo stesso legislatore del decreto-legge n. 35/2013, allorquando prevede, ai fini del riallineamento della cassa con la competenza, che la riscossione dei residui attivi necessari per procedere alla restituzione debba trascinarsi per ben trent'anni. Atteso che risulterebbe illogico ipotizzare necessario un periodo temporale cosi' esteso per riscuotere pregressi crediti, peraltro gia' infruttuosamente da tempo esigibili, la lunga modalita' di ammortamento sembra riposare su un diverso convincimento, quello di ritenere quale altamente improbabile la realizzazione dei crediti precedenti. La scelta normativa di consentire un rimborso delle anticipazioni esteso fino a tre decadi appare, dunque, permeata da uno scetticismo di fondo in ordine alle possibilita' di realizzazione dei crediti precedenti. A questa valutazione appare partecipare il giudice costituzionale allorquando, nel dipanare l'ambigua natura delle anticipazioni di liquidita', ha avuto modo di chiarire che la loro ratio e' quella di «[...] riallineare nel tempo la cassa degli enti strutturalmente deficitari con la competenza, attraverso un'utilizzazione limitata al pagamento delle passivita' pregresse unita a contestuali risparmi nei bilanci futuri, proporzionati alle quote di debito inerenti alla restituzione della anticipazione stessa cosi' da rientrare dai disavanzi gradualmente ed in modo temporalmente e finanziariamente proporzionato alla restituzione dell'anticipazione» (sentenza n. 181 del 2015). Peraltro, sebbene conforme a questa indicazione, il criterio prescelto nel principio contabile di cui al decreto legislativo n. 118/2011 (rata pagata con risorse nuove) non appare pienamente in linea con lo schema dell'anticipazione, intesa quale erogazione di liquidita' destinata a superare momentanee tensioni di cassa, consentendo di sostenere le spese in attesa che si realizzino le entrate poste a copertura in bilancio. In relazione a cio', come in precedenza osservato (cfr. § 4), il FAL e' stato previsto come una mera scritturazione contabile (il fondo e' fittizio e rappresentativo di un debito da onorare) per impedire che le risorse introitate mediante l'anticipazione possano essere utilizzate per finalita' diverse da quelle previste ex lege (pagamento dei debiti commerciali della PA). Trattandosi di spese gia' previste, sono le pregresse entrate di bilancio che dovrebbero, teoricamente, permettere con la loro riscossione, entro un tempo ragionevolmente contenuto, il pagamento del debito nei confronti di CDP. La restituzione dell'anticipazione verrebbe cioe' a basarsi sulla realizzazione dei crediti (residui attivi) che sostenevano i debiti sostituiti e questo sistema dovrebbe, astrattamente, garantirne l'adempimento. b. Cio' posto, la nuova disciplina di cui al comma 3 dell'art. 39-ter - prevedendo l'iscrizione fra le entrate dell'esercizio 2020 di un importo pari al FAL accantonato nel risultato di amministrazione 2019 e dal 2021 in poi l'applicazione fra le entrate del fondo stanziato in spesa dell'esercizio precedente - sembra tendenzialmente coerente, prescindendo dall'anomalo orizzonte temporale dell'ammortamento, con lo schema dell'anticipazione di cassa, non richiedendo risorse nuove per la restituzione delle rate annuali. Tale coerenza e', tuttavia, compromessa dalla mancata previsione legislativa di un vincolo formale fra la progressiva riduzione del FAL e la connessa riduzione (per effetto della riscossione) dei residui attivi. Si deve rilevare che mentre nell'ipotesi della normale anticipazione di tesoreria vi e' la previsione del limite massimo percentuale in dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo anno precedente afferenti ai primi tre titoli di entrata del bilancio (art. 222 TUEL), limitazione quantitativa che appare diretta a garantirne la restituzione, evitando che l'anticipazione di cassa debordi in un surrettizio mezzo di copertura della spesa (cfr., su quest'ultima funzione, Corte costituzionale, sentenza n. 188 del 2014), nell'anticipazione di liquidita' la sostenibilita' del rimborso e' priva di tutele. Per contenere l'utilizzo del FAL nell'ambito di una mera operazione di cassa, fedele al suo significato di «anticipazione», l'iscrizione in entrata non puo' risultare insensibile e slegata dalla sorte del complesso dei pregressi residui attivi che la giustificano. In altri termini, intanto puo' sostenersi - sul piano della rappresentazione contabile - che la restituzione dell'anticipazione trovi copertura nel FAL, in quanto - sul piano della gestione finanziaria - si verifichi l'effettiva realizzazione dei residui attivi posti a copertura delle spese soddisfatte con l'anticipazione stessa. Se cosi' non fosse, a fronte della mancata realizzazione dei residui attivi, la restituzione delle rate dell'anticipazione finirebbe per essere assicurata dalla liquidita' proveniente dalle risorse correnti; tale evenienza snaturerebbe, nella sostanza, l'anticipazione in una forma di indebitamento che - ove i debiti pregressi non corrispondessero a spese di investimento - determinerebbe la violazione dell'art. 119, sesto comma, Costituzione. Si verificherebbe, dunque, un'operazione artificiosa e deleteria: ogni anno il FAL verrebbe gradualmente a diminuire senza assistere alla corrispondente realizzazione (e quindi riduzione) dei pertinenti residui attivi, con negative ripercussioni, in particolare, sulla divaricazione tra cassa e competenza che, al contrario, l'istituto voleva risolvere. Pertanto, la disposizione in esame e' in contrasto con i parametri della sana ed equilibrata gestione finanziaria, comprensivi dell'indicato divieto d'indebitamento, nella parte in cui non prevede che la riduzione annuale del FAL trovi corrispondenza nella realizzazione dei correlati residui attivi. La giurisprudenza costituzionale ha avuto modo di chiarire che «[...] la copertura finanziaria di una spesa e l'equilibrio del bilancio non possono essere assicurati solamente dall'armonia numerica degli stanziamenti in parte entrata e spesa (ex plurimis, sentenze n. 197 e n. 6 del 2019), ma devono fondarsi anche sulla ragionevolezza dei presupposti giuridici ed economici che ne sorreggono l'iscrizione in bilancio» (sentenza n. 227 del 2019) e che «la copertura finanziaria delle spese deve indefettibilmente avere un fondamento giuridico, dal momento che, diversamente opinando, sarebbe sufficiente inserire qualsiasi numero [nel bilancio] per realizzare nuove e maggiori spese» (sentenza n. 197 del 2019). Copertura finanziaria ed equilibrio integrano «"una clausola generale in grado di operare pure in assenza di norme interposte quando l'antinomia [con le disposizioni impugnate] coinvolga direttamente il precetto costituzionale: infatti 'la forza espansiva dell'art. 81, quarto [oggi terzo] comma, Costituzione, presidio degli equilibri di finanza pubblica, si sostanzia in una vera e propria clausola generale in grado di colpire tutti gli enunciati normativi causa di effetti perturbanti la sana gestione finanziaria e contabile' (sentenza n. 192 del 2012)" (sentenza n. 184 del 2016)» (sentenza n. 274 del 2017). Le modalita' di utilizzo del FAL introdotte dal decreto-legge n. 162/2019 rappresentano, nella fragilita' del suo presupposto (effettiva riscossione delle pregresse entrate formalmente previste), un potenziale fattore di rischio e di alterazione sugli equilibri di bilancio in violazione degli esposti principi costituzionali. Si rileva, infine, che la soluzione legislativa, utilizzata con frequenza sempre maggiore, di rimandare e stemperare nel tempo, tramite l'istituto dell'anticipazione di liquidita' con rimborso pluriennale, l'uso di risorse da parte degli enti locali in difficolta' finanziaria, consente a quest'ultimi di liberare nell'immediato disponibilita' da destinare anche a spese correnti ma provoca, nello stesso tempo, un aggravamento a carico degli esercizi futuri, con lesione dei principi di solidarieta' verso le generazioni successive; come da ultimo evidenziato dal giudice costituzionale, il carattere eccezionale delle anticipazioni di liquidita' dipende essenzialmente dal fatto di essere, tra l'altro, «[...] un rimedio contingente, non riproducibile serialmente nel tempo e inidoneo a risanare bilanci strutturalmente in perdita» (sentenza n. 4 del 2020, cit.). 7.2 Elusione del giudicato costituzionale. Le modalita' di ripiano del disavanzo introdotte dal comma 2 dell'art. 39-ter del decreto-legge n. 162/2019 integrano altresi' la violazione dell'art. 136 della Costituzione, per elusione del giudicato costituzionale. La soluzione prescelta tradisce le indicazioni offerte dal giudice costituzionale con la sentenza n. 4 del 2020 che, «in ragione della peculiarita' del diritto del bilancio e in particolare del principio di equilibrio dinamico che sposta nel tempo la continua tensione verso un bilanciato contrappeso tra entrate e spese», ha escluso la necessita' di riapprovare, risalendo all'indietro, i bilanci antecedenti alla pronuncia, ritenendo «[...] sufficiente che siano ridefinite correttamente tutte le espressioni finanziarie patologiche prodottesi nel tempo, applicando a ciascuna di esse i rimedi giuridici consentiti nel periodo di riferimento, in modo da ricalcolare il risultato di amministrazione secondo i canoni di legge». In particolare, la Corte ha chiarito che, se il disavanzo di amministrazione rideterminato al 1° gennaio 2015 attraverso il riaccertamento straordinario dei residui potra' essere ripianato mediante gli accantonamenti fino al limite dei trenta esercizi consentiti dall'art. 3, comma 16, del decreto legislativo n. 118/2011, «per i deficit ulteriormente maturati, in conformita' al principio tempus regit actum, saranno applicate le norme vigenti nel corso dell'esercizio in cui tale ulteriore deficit e' maturato»; e tanto al fine di «attribuire "a ciascuno il suo" in termini di responsabilita' di gestione, affiancando all'operato del breve periodo la situazione aggiornata degli effetti delle amministrazioni pregresse». Tali affermazioni, lungi dall'essere qualificabili alla stregua di obiter dicta, hanno la valenza di indicazioni regolatorie delle conseguenze derivanti dalla declaratoria di illegittimita' e, in quanto tali, valgono a connotare il giudicato costituzionale. Ne consegue che il meccanismo prefigurato dall'art. 39-ter, commi 2 e 3, integra un'elusione dei principi affermati dal giudice costituzionale con la sentenza n. 4 del 2020 in quanto, in luogo di un ripiano rispettoso del principio della responsabilita' di mandato, ne introduce uno difforme e di nuovo conio, calibrato sui piu' agevoli tempi di restituzione delle rate annuali dell'anticipazione ricevuta, allo scopo di mitigare gli effetti della pronuncia sui bilanci degli enti locali. In proposito, giova ricordare che la giurisprudenza costituzionale ha piu' volte stigmatizzato «le disposizioni con cui il legislatore, statale o regionale, interviene per mitigare gli effetti di una pronuncia di illegittimita' costituzionale» (sentenza n. 224 del 2016) nonche' «la volonta' legislativa di mantenere in piedi o di ripristinare, sia pure indirettamente, in contrasto con il sistema dell'efficacia delle decisioni caducatorie, gli effetti di quella struttura normativa che aveva formato oggetto della richiamata pronuncia di illegittimita' costituzionale» (sentenze n. 72 del 2013 e 99 del 2012). 8. Conclusioni. Per le ragioni esposte, i commi 2 e 3 dell'art. 39-ter, comma 2 del decreto-legge n. 162/2019 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8) appaiono in conflitto con i parametri di cui agli articoli 81 e 97, primo comma, Costituzione, che - insieme all'art. 119, comma sesto, Costituzione - operano «in modo strettamente integrato nel contesto di fondamentali principi del diritto del bilancio» e che «pur presidiando interessi di rilievo costituzionale tra loro distinti, risultano coincidenti sotto l'aspetto della garanzia della sana ed equilibrata gestione finanziaria» (sentenza n. 18 del 2019), oltre che con l'art. 136 Costituzione.