CORTE DEI CONTI 
 
 
            Sezione regionale di controllo per la Puglia 
 
    La Sezione, composta dai magistrati: 
      Maurizio Stanco - Presidente; 
      Carlo Picuno - consigliere; 
      Michela Muti - primo referendario; 
      Giovanni Natali - referendario, relatore; 
      Nunzio Mario Tritto - referendario; 
    ha adottato la seguente ordinanza nel giudizio  per  l'esame  del
piano di riequilibrio finanziario pluriennale approvato dal Comune di
Lecce con deliberazione del Consiglio comunale n.  1  del  7  gennaio
2019; 
    udito il relatore dott. Giovarmi Natali nella camera di consiglio
del 21 maggio 2020, convocata con ordinanza n. 34/2020 e svoltasi  in
video conferenza mediante  collegamenti  da  remoto  ex  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 e decreto-legge 17
marzo 2020, n. 18, convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  24
aprile 2020, n. 27. 
    Premesso in 
 
                                Fatto 
 
    1. Con deliberazione n.  54  del  20  luglio  2015  il  Consiglio
comunale di Lecce  dava  atto  della  chiusura  del  rendiconto  2014
(approvato con deliberazione consiliare n. 34 del 28 maggio 2015) con
un risultato  di  amministrazione  negativo  di  euro  79.840.304,15,
derivante dal riaccertamento straordinario dei residui  e  dal  primo
accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilita'  previsti  dal
decreto   legislativo   23   giugno   2011,   n.   118   («Disciplina
dell'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di  bilancio
delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma  degli
articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42»).  Tenuto  conto  di
quanto previsto: 
        dall'art. 3, comma 16, del decreto legislativo  n.  118/2011,
in base al quale il  maggiore  disavanzo  di  amministrazione  al  1°
gennaio  2015,  determinato  dal  riaccertamento  straordinario   dei
residui e  dal  primo  accantonamento  al  fondo  crediti  di  dubbia
esigibilita', e' ripianato  in  non  piu'  di  30  esercizi  a  quote
costanti l'anno; 
        dal d.m. 2 aprile  2015  («Criteri  e  modalita'  di  ripiano
dell'eventuale maggiore disavanzo di  amministrazione  derivante  dal
riaccertamento straordinario dei residui e dal  primo  accantonamento
al fondo crediti di dubbia esigibilita', di cui all'art. 3, comma  7,
del decreto legislativo n. 118 del 2011»); 
        dall'art. 2, comma 6, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78
(«Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali.  Disposizioni
per garantire la  continuita'  dei  dispositivi  di  sicurezza  e  di
controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del  Servizio
sanitario  nazionale  nonche'  norme  in  materia  di  rifiuti  e  di
emissioni industriali»), secondo  cui  «Gli  enti  destinatari  delle
anticipazioni di liquidita' a valere  sul  fondo  per  assicurare  la
liquidita' per pagamenti dei debiti certi, liquidi  ed  esigibili  di
cui all'art. 1 del decreto-legge 8 aprile 2013,  n.  35,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n.  64,  utilizzano  la
quota  accantonata  nel  risultato  di  amministrazione   a   seguito
dell'acquisizione delle erogazioni, ai fini'  dell'accantonamento  al
fondo   crediti   di   dubbia   esigibilita'   nel    risultato    di
amministrazione»; 
    l'ente  -  destinatario  a  quella  data  di   anticipazioni   di
liquidita' ex decreto-legge n. 35/2013 per complessivi  euro  32  mln
circa - rideterminava il  citato  disavanzo  in  euro  47.931.651,23,
approvando un piano di rientro trentennale (dal  2015  al  2044)  con
quote annue di euro 1.597.721,00. 
    2. Con deliberazione n. 108/PRSP/2018 (depositata  il  13  luglio
2018), adottata ai sensi dell'art. 148-bis del decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267 (TUEL), la Sezione regionale di controllo per  la
Puglia della Corte  dei  conti  accertava  diverse  criticita'  nella
gestione finanziaria del Comune di  Lecce  e  prescriveva  l'adozione
entro sessanta giorni, da parte dell'ente, di ogni misura  correttiva
idonea a superare definitivamente le criticita' rilevate. 
    3. Con deliberazione n.  623  del  7  settembre  2018  la  Giunta
comunale  di  Lecce  dava  atto  di  una  situazione  di   squilibrio
strutturale, derivante da un deficit di euro 27 mln  al  31  dicembre
2017 (euro 29/32 mln stimati al 31 dicembre 2018), ulteriore rispetto
al  citato  maggior  disavanzo  in  corso  di  recupero  trentennale,
rimettendo al Consiglio comunale la scelta in ordine ai seguenti  tre
percorsi alternativi di risanamento: 
        a)  strumenti  ordinariamente  previsti  dagli  articoli  188
(ripiano del disavanzo di' amministrazione) e 193 (salvaguardia degli
equilibri di bilancio) TUEL in uno o al massimo tre anni; 
        b) strumento straordinario ex  articoli  243-bis  e  seguenti
TUEL  (procedura  di  riequilibrio  finanziario  pluriennale)  in  un
periodo massimo di quindici anni; 
        c) eventuale strumento straordinario derivante dalla proposta
di emendamento al decreto-legge 25 luglio 2018, n.  91  («Proroga  di
termini  previsti  da   disposizioni   legislative»,   c.d.   decreto
milleproroghe 2018) all'epoca in corso di conversione  (avvenuta  con
legge 21 settembre 2018, n. 108), che avrebbe consentito di ripianare
l'incremento del disavanzo in un periodo massimo di ventisei anni. 
    4. Con deliberazione n. 104 del 14 settembre  2018  il  Consiglio
comunale di Lecce si impegnava a intraprendere entro il 30  settembre
2018 - nel rispetto  dei  tempi  imposti  dalla  deliberazione  della
Sezione n. 108/PRSP/2018 - i percorsi di risanamento necessari  sulla
base di una delle alternative prospettate dalla Giunta  comunale  con
la citata delibera n. 623/2018. 
    5. Con deliberazione n. 125 del 28 settembre 2018, pubblicata  il
3 ottobre 2018 e divenuta esecutiva il 13 ottobre 2018, trasmessa con
nota del 15 ottobre 2018 a questa Sezione (prot. Cdc n. 4190  del  16
ottobre 2018) e al Ministero dell'interno, il Consiglio comunale, nel
prendere atto di uno squilibrio strutturale  non  fronteggiabile  con
gli strumenti ordinari previsti dalla legge, decideva di: 
        fare  ricorso  alla  procedura  di  riequilibrio  finanziario
pluriennale disciplinata dagli articoli 243-bis e seguenti  TUEL  per
una durata massima di quindici anni incluso il 2018 (alla stregua del
testo all'epoca in vigore del comma 5-bis dell'art. 243-bis TUEL); 
        chiedere  un'anticipazione  del  «Fondo  di   rotazione   per
assicurare la stabilita'  finanziaria  degli  enti  locali»  ex  art.
243-ter TUEL nella misura da determinare con il piano di riequilibrio
da  approvare  e  nei  limiti  dell'importo  massimo  fissato   dalla
normativa. 
    6. Pronunciandosi ai sensi dell'art. 243-bis, comma 5, TUEL sulla
proposta di delibera consiliare di adozione del piano di riequilibrio
finanziario pluriennale, con verbale n. 13 del 28  dicembre  2018  il
Collegio dei revisori esprimeva parere favorevole sul piano  e  sulla
correttezza dell'iter seguito  per  la  revisione  straordinaria  dei
residui attivi e passivi ex art. 243-bis, comma 8, lettera e), TUEL. 
    7. Con deliberazione n. 1  del  7  gennaio  2019,  immediatamente
eseguibile ex art. 134, comma  4,  TUEL,  il  Consiglio  comunale  ha
approvato -  entro  il  termine  perentorio  di  90  giorni  previsto
dall'art.  243-bis,  comma  5,  TUEL  -  il  piano  di   riequilibrio
finanziario pluriennale (di seguito,  in  breve,  «piano»  o  «PRFP»)
della durata di 15 anni (2019-2033), che: 
        espone una massa passiva totale da ripianare a fine  2018  di
euro 66.737.247,42, cosi' composta: 
          disavanzo di amministrazione presunto al 31  dicembre  2018
di euro 72.935.074,60 che, a fronte di un obiettivo  al  31  dicembre
2018 di euro 41.540.051,81 sulla base del richiamato piano di rientro
trentennale del maggior disavanzo, ha  prodotto  uno  scostamento  di
euro 31.395.022,79; 
          anticipazione di tesoreria non rimborsata, incluse le somme
vincolate non reintegrate, stimata al 31 dicembre 2018 in circa  euro
32.000.000,00; 
          debiti fuori bilancio per euro 1.842.224,63; 
          passivita'  pregresse  (relative  a  conguagli  di  energie
elettrica riferiti ad anni precedenti  per  i  quali  non  sussistono
stanziamenti) per circa euro 1.500.000,00; 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Tab. 1 - massa passiva del Comune di Lecce - fonte: PRFP (p. 4)  
  
      e'  finalizzato  al  ripiano  con  quote   costanti   di   euro
2.093.001,52 del citato disavanzo di  euro  31.395.022,79,  ulteriore
rispetto a quello di  euro  47.931.651,23,  oggetto  di  recupero  in
trenta esercizi con quote annue di euro 1.597.721: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Tab. 1 - disavanzi del Comune di Lecce e durata dei relativi  ripiani
- fonte: PRFP (pp. 57-58) 
  
    Alla luce dell'aggiornamento dei dati intervenuto  rispetto  alla
deliberazione consiliare di ricorso alla  procedura  e  delle  misure
medio tempore introdotte dalla  legge  di  bilancio  2019  (legge  30
dicembre 2018, n. 145) in tema di anticipazioni  di  tesoreria  e  di
liquidita', l'ente ha ritenuto possibile  realizzare  il  risanamento
attraverso la procedura di riequilibrio pluriennale senza  richiedere
l'accesso al fondo di rotazione ex art. 243-ter TUEL. 
    Con nota prot. 3199 dell'8 gennaio 2019 il piano e' stato inviato
a questa Sezione (prot. Cdc n. 42 del 9 gennaio 2019) e al  Ministero
dell'interno, ai sensi dell'art. 243-quater, comrna 1, TUEL. 
    8. Con lettera prot. n. 69520 del 18 giugno 2019 inviata all'ente
e, per conoscenza, alla Prefettura-UTG di Lecce e alla Sezione (prot.
Cdc n. 2993 di pari data), la Direzione centrale della Finanza locale
del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del  Ministero
dell'interno ha chiesto -  oltre  alla  trasmissione  del  prescritto
parere dell'Organo di revisione - chiarimenti in relazione  a  taluni
aspetti del piano, ai sensi dell'art. 243-quater, comrna 2, TUEL;  il
Comune ha fornito riscontro con nota prot. 106530 del 16 luglio  2019
(prot. Cdc n. 3353 del  17  luglio  2019),  corredata  di  molteplici
allegati. 
    9. Con lettera prot. n. 147239 del 13 novembre 2019 (prot. Cdc n.
5266 del 14 novembre 2019) il  Ministero  dell'interno  ha  trasmesso
alla Sezione, ai  sensi  dell'art.  243-quater,  comma  1,  TUEL,  la
relazione della Commissione per la stabilita' finanziaria degli  enti
locali in merito al piano dell'ente; nelle considerazioni  conclusive
si afferma che: «Ferma restando la competenza della Sezione regionale
di controllo della Corte dei conti sulla corrispondenza,  conformita'
e proporzione delle misure di risanamento individuate  dall'ente  nel
piano rispetto all'obiettivo del riequilibrio economico  finanziario,
il Comune di Lecce ha prodotto un piano  in  linea  con  i  contenuti
richiesti dalle  disposizioni  normative  di  riferimento  e  con  le
Indicazioni elaborate dalle Linee Guida  elaborate  dalla  Corte  dei
conti,   prospettando   misure   di   riequilibrio    sul    versante
dell'incremento delle entrate proprie e  dando  atto  delle  concrete
attivita' poste in essere, con particolare riferimento  al  contrasto
all'evasione tributaria». 
    10. Con note prot. n. 6178 del 2 dicembre 2019 e n.  6189  del  3
dicembre 2019 il magistrato  istruttore  ha  chiesto  chiarimenti  in
merito alle misure poste  in  essere  per  aumentare  la  riscossione
tributaria e  alle  voci  della  massa  passiva;  l'ente  ha  fornito
riscontro con nota prot. n. 176734 del 4 dicembre 2019 (prot. Cdc  n.
6220 di pari data). 
    11. Con deliberazione n. 110/PRSP/2019, adottata nella camera  di
consiglio dell'11 dicembre 2019 convocata per la decisione sul  piano
ai sensi dell'art. 243-quater, comma 3, TUEL, la Sezione, considerato
che: 
        nel descrivere fattori  e  cause  delle  squilibrio  (Sezione
prima), in coerenza con le «Linee guida  per  l'esame  del  piano  di
riequilibrio finanziario pluriennale e per la valutazione  della  sua
congruenza» di cui alla deliberazione della Sezione  delle  autonomie
della Corte dei conti n. 5/SEZAUT/2018/INPR, il PRFP  del  Comune  di
Lecce rappresenta che: i) il passaggio alla contabilita'  armonizzata
realizzato con il  decreto  legislativo  n.  118/2011  ha  comportato
l'emersione di un maggior disavanzo di euro 79.840.304,15; ii)  detto
importo, per effetto del citato art. 2, comma 6, del decreto-legge n.
78/2015, si e' ridotto a euro 47.931.651,23 e ne e' stato pianificato
il rientro trentennale; 
        con   ordinanza    n.    72    del    18    febbraio    2019,
pubblicata G.U.R.I., 1ª Serie speciale (Corte costituzionale)  n.  20
del 15 maggio 2019, le Sezioni Riunite  in  sede  giurisdizionale  in
speciale composizione della Corte dei conti hanno sollevato questione
di  legittimita'   costituzionale   dell'art.   2,   comma   6,   del
decreto-legge n. 78/2015, convertito, con modificazioni, dalla  legge
n. 125/2015, come interpretato autenticamente dall'art. 1, comma 814,
della legge n. 205/2017, in relazione agli articoli 3, 81  97,  primo
comma, 119, sesto comma, e 136 Costituzione, adombrando la necessita'
di tenere distinti gli accantonamenti del FAL e del FCDE per  evitare
espansioni della capacita' di spesa degli enti locali  ed  affermando
che la norma di  interpretazione  autentica  di  cui  alla  legge  n.
205/2017 rende ancor piu' evidente l'espansione  della  capacita'  di
spesa,  in   violazione   dei   predetti   precetti   costituzionali,
consentendo tra l'altro di utilizzare il FAL per il ripiano del  c.d.
disavanzo tecnico di cui all'art. 3, comma 13, decreto legislativo n.
118/2011; 
        «la predetta questione di legittimita' costituzionale  appare
rilevante per la valutazione - rimessa ex art. 243-quater,  comma  3,
TUEL a questa  Sezione  regionale  di  controllo  -  in  ordine  alla
congruenza, ai fini del riequilibrio, del piano adottato  dal  Comune
di Lecce, in quanto un eventuale accoglimento della ridetta questione
inciderebbe sulle quote annue di ripiano del disavanzo  previste  nel
PRFP»; 
    ha sospeso il giudizio sul piano del Comune di  Lecce  fino  alla
definizione della questione di legittimita' costituzionale. 
    12. Con sentenza n. 4 del 28 gennaio 2020 la Corte costituzionale
ha  dichiarato   l'illegittimita'   dell'art.   2,   comma   6,   del
decreto-legge n. 78/2015, convertito, con modificazioni, nella  legge
n. 125/2015, e dell'art. 1, comma 814, della legge  n.  205/2017  per
contrasto con gli articoli 81, 97, primo comma, e 119,  sesto  comma,
Costituzione. 
    13. A seguito di tale sentenza, durante  l'iter  parlamentare  di
conversione in legge del  decreto-legge  30  dicembre  2019,  n.  162
(«Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini  legislativi,
di  organizzazione  delle  pubbliche  amministrazioni,   nonche'   di
innovazione tecnologica», c.d. decreto milleproroghe, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8) e' stato  inserito
l'art. 39-ter,  rubricato  «Disciplina  del  fondo  anticipazione  di
liquidita' degli enti locali», il quale: 
        dispone che, in sede di approvazione del rendiconto 2019, gli
enti locali accantonino il  fondo  anticipazione  di  liquidita'  nel
risultato di amministrazione al 31 dicembre 2019 (comma 1); 
        introduce una misura che consente gradualita' nel ripiano del
peggioramento del disavanzo determinato dall'accantonamento al  fondo
anticipazione di liquidita' disposto al comma 1 (comma 2); 
        detta una nuova disciplina sulle modalita'  di  utilizzo  del
fondo di anticipazione liquidita' (comma 3); 
        precisa  che  la  quota  del  risultato  di   amministrazione
accantonata nel fondo anticipazione di  liquidita'  e'  applicata  al
bilancio di previsione anche da parte  degli  enti  in  disavanzo  di
amministrazione (comma 4). 
    14. Risultando cessata la causa della sospensione disposta con la
citata delibera n. 110/PRSP/2019, con ordinanza  presidenziale  n.  5
del 5 febbraio  2020  la  Sezione  e'  stata  convocata  in  adunanza
pubblica il 26 febbraio 2020 al fine di deliberare in ordine al piano
in esame, con assegnazione del termine del 20 febbraio  2020  per  la
presentazione di  memorie  illustrative  e  documentazione  da  parte
dell'ente. 
    15. Nelle memorie illustrative trasmesse alla  Sezione  con  nota
prot. 23766 del 19 febbraio 2020 (prot. Cdc n. 699  del  20  febbraio
2020) il Comune di Lecce ha rappresentato che: 
        in base al comma 1  dell'art.  39-ter  del  decreto-legge  n.
162/2019, «Al fine di  dare  attuazione  alla  sentenza  della  Corte
costituzionale n. 4 del 28 gennaio 2020, in sede di approvazione  del
rendiconto 2019 gli enti locali accantonano il fondo anticipazione di
liquidita' nel risultato di amministrazione al 31 dicembre 2019,  per
un importo pari all'ammontare complessivo delle anticipazioni di  cui
al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazione,
dalla legge 6 giugno  2013,  n.  64,  e  successivi  rifinanziamenti,
incassate negli esercizi precedenti e non ancora rimborsate alla data
del 31 dicembre 2019». 
    Prospettando l'accantonamento per il  2019  di  complessivi  euro
29.363.416,07, corrispondenti all'ammontare  delle  anticipazioni  ex
decreto-legge n. 35/2013 incassate negli esercizi  precedenti  e  non
ancora rimborsate al 31 dicembre  2019,  il  Comune  ha  prodotto  la
seguente tabella di confronto tra  il  risultato  di  amministrazione
2018 e il risultato di amministrazione presunto 2019,  approvato  con
delibera di Giunta comunale n. 23 del 31 gennaio 2020  («Approvazione
prospetto aggiornato  riguardante  il  risultato  di  amministrazione
presunto al 31 dicembre 2019 - art.  187,  commi  3  e  seguenti  del
decreto legislativo n. 267/2000»): 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Tab. 2 - fonte: memorie del Comune di Lecce del 19 febbraio 2020 (.p.
2) 
  
        in base al comma  2  del  citato  art.  39-ter,  «L'eventuale
peggioramento del disavanzo di amministrazione al  31  dicembre  2019
rispetto all'esercizio  precedente,  per  un  importo  non  superiore
all'incremento  dell'accantonamento   al   fondo   anticipazione   di
liquidita' effettuato  in  sede  di  rendiconto  2019,  e'  ripianato
annualmente,  a  decorrere  dall'anno  2020,  per  un  importo   pari
all'ammontare     dell'anticipazione     rimborsata     nel     corso
dell'esercizio». 
    Tenuto conto dell'incremento  del  disavanzo  di  amministrazione
2019  rispetto  al  2018   causato   dall'accantonamento   al   fondo
anticipazione di liquidita'  (FAL),  il  Comune  ha  evidenziato  gli
impatti del rientro dei diversi  deficit  sul  bilancio  previsionale
2020/2022, confrontandolo con quello  degli  anni  precedenti,  e  le
relative fonti di finanziamento: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Tab. 3 - fonte: memorie del Comune di Lecce del 19 febbraio 2020  (p.
2) 
  
        i  successivi  commi  3  e  4  dello   stesso   art.   39-ter
stabiliscono che «Il fondo anticipazione di liquidita' costituito  ai
sensi del comma 1  e'  annualmente  utilizzato  secondo  le  seguenti
modalita': a) nel  bilancio  di  previsione  2020-2022,  nell'entrata
dell'esercizio 2020 e'  iscritto,  come  utilizzo  del  risultato  di
amministrazione, un importo pari al fondo anticipazione di liquidita'
accantonato nel risultato  di  amministrazione  2019  e  il  medesimo
importo e' iscritto come fondo anticipazione di liquidita' nel titolo
4 della spesa  dell'esercizio  2020,  riguardante  il  rimborso  dei'
prestiti,  al  netto  del  rimborso   dell'anticipazione   effettuato
nell'esercizio; b) dall'esercizio 2021, fino al completo utilizzo del
fondo anticipazione di liquidita', nell'entrata di ciascun  esercizio
del bilancio di previsione e'  applicato  il  fondo  stanziato  nella
spesa  dell'esercizio  precedente  e  nella  spesa  e'  stanziato  il
medesimo fondo al netto del  rimborso  dell'anticipazione  effettuato
nell'esercizio. 
    La quota del risultato di amministrazione accantonata  nel  fondo
anticipazione di liquidita' e' applicata al  bilancio  di  previsione
anche da parte degli enti in disavanzo di amministrazione». 
    Secondo il Comune, il comma 3 consente  di  finanziare  la  quota
capitale  della  rata  annuale  da   rimborsare   per   gli   incassi
dell'anticipazione ex decreto-legge n. 35/2013 e  seguenti  non  piu'
con entrate correnti, come avvenuto finora, ma con  l'utilizzo  della
quota  accantonata  del   risultato   di   amministrazione:   «Questo
meccanismo  neutralizza  la  necessita'  di  finanziare  con  entrate
correnti,  dal  2020,  l'aumento  del  disavanzo  causato   da   Fal.
Conseguentemente si ritiene che, se da un lato  e'  indubbio  che  ci
siano delle ripercussioni sul piano di  riequilibrio  del  Comune  di
Lecce, in tutte quelle parti in cui si fa riferimento  all'importo  e
alla natura del disavanzo di amministrazione, alle quote  annuali  di
disavanzo da recuperare, dall'altro non e'  necessario  un  ulteriore
sforzo in termini  di  razionalizzazione  di  spesa/miglioramento  di
entrata rispetto  a  quanto  evidenziato  nella  dimostrazione  degli
equilibri del piano; entra una nuova voce di spesa (la quota  annuale
di disavanzo da Fal), ma anche una nuova voce di  entrata  (la  quota
accantonata anno per  anno  del  risultato  di  amministrazione,  che
finanzia l'intero debito residuo del Fal, anche la quota annuale)». 
    Il Comune  ha  quindi  evidenziato:  i)  la  rideterminazione,  a
seguito della sentenza della Corte  costituzionale  n.  4  del  2020,
dell'obiettivo originario del piano al  31  dicembre  2019  (da  euro
69.244.351,37  a  euro  98.607.812,44),  per  effetto  delle   citate
anticipazioni (euro 29.363.461,07)  da  contabilizzare  separatamente
tra le quote accantonate del risultato  di  amministrazione;  ii)  lo
scostamento  (euro  6.893.592,12),   rispetto   all'obiettivo   cosi'
rideterminato, del risultato di amministrazione 2019  presunto  (euro
105.501.404,56) di cui al prospetto approvato con la citata  delibera
di Giunta comunale n. 23/2020: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
Tab. 4 e 5 - fonte: memorie del Comune di Lecce del 19 febbraio  2020
(p. 4) 
  
    16. Con ordinanza presidenziale  n.  14  del  25  febbraio  2020,
constatata l'indisponibilita' del relatore per motivi di  salute,  la
Sezione ha disposto il rinvio al giorno 11 marzo  2020  dell'adunanza
pubblica per l'esame del piano adottato dal Comune di Lecce. 
    17.  Con  ordinanza  presidenziale  n.  22  del  9  marzo   2020,
considerato il rinvio d'ufficio a data successiva al  22  marzo  2020
(da ultimo all'11 maggio 2020, per effetto dell'art. 36, comma 1, del
decreto-legge 8 aprile  2020,  n.  23,  recante  «Misure  urgenti  in
materia di accesso  al  credito  e  di  adempimenti  fiscali  per  le
imprese,  di  poteri  speciali  nei   settori   strategici,   nonche'
interventi in materia di salute  e  lavoro,  di  proroga  di  termini
amministrativi e processuali») delle udienze e adunanze  della  Corte
dei conti disposto dagli articoli 1, comma  1,  e  4,  comma  1,  del
decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11 (recante «Misure  straordinarie  ed
urgenti per contrastare l'emergenza  epiderniologica  da  COVID-19  e
contenere  gli  effetti  negativi  sullo  svolgimento  dell'attivita'
giudiziaria») - successivamente abrogati, rispettivamente,  dall'art.
83, comma 22 e dall'art. 85, comma  8,  del  decreto-legge  17  marzo
2020, n. 18 (recante «Misure di potenziamento del Servizio  sanitario
nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e  imprese
connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19» e convertito,  con
modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27)  -  la  Sezione  ha
disposto la comunicazione del rinvio ex lege a data successiva al  22
marzo 2020 dell'adunanza pubblica convocata il giorno 11 marzo 2020 e
la fissazione della nuova adunanza con successivo atto. 
    18. Infine, con ordinanza presidenziale n. 34 del 4 maggio  2020,
la Sezione e' stata convocata nella camera di consiglio del 21 maggio
2020 per deliberare sul piano di che trattasi, con  assegnazione  del
termine del 19 maggio 2020 per il deposito di  eventuali  memorie  da
parte dell'ente. 
    19. Con nota prot. 57863 del 19 maggio 2020 (prot. Cdc n. 2212 di
pari data) il Comune ha prodotto ulteriori memorie  illustrative  con
cui ha: 
        rappresentato che con delibera di Giunta si e'  proceduto  al
riaccertamento ordinario dei residui, in attesa di ricevere il parere
dell'organo  di  revisione;  gli   schemi   contabili   in   via   di
predisposizione per l'approvazione del rendiconto  di  gestione  2019
confermerebbero i dati di pre-consuntivo inviati con la nota  del  19
febbraio 2020 e, in particolare, un disavanzo al 31 dicembre 2019  di
circa euro 104,7 mln; 
        confermato le precedenti considerazioni in  tema  di  impatto
dei diversi deficit sul  bilancio  previsionale  2020/2022,  tra  cui
quello derivante dall'accantonamento del  FAL,  nonche'  in  tema  di
modalita' di finanziamento del disavanzo da FAL. 
    Considerato in 
 
                               Diritto 
 
    1. Le disposizioni di dubbia costituzionalita'. 
    Ai sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio  1948,
n. 1 («Norme sui  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  e  sulle
garanzie d'indipendenza della Corte costituzionale») e dell'art.  23,
comma 3, della legge 11 marzo 1953, n. 87 («Nonne sulla  costituzione
e sul funzionamento della Corte costituzionale»), il Collegio ritiene
di sollevare d'ufficio questione di  legittimita'  costituzionale  in
merito all'art. 39-ter, commi 2 e 3, del  decreto-legge  30  dicembre
2019, n. 162 («Disposizioni urgenti in materia di proroga di  termini
legislativi,  di  organizzazione  delle  pubbliche   amministrazioni,
nonche'  di  innovazione  tecnologica»),  inserito  dalla  legge   di
conversione 28 febbraio 2020, n. 8. 
    Si riporta il contenuto integrale dell'art. 39-ter: 
        «1. Al fine di dare  attuazione  alla  sentenza  della  Corte
costituzionale n. 4 del 28 gennaio 2020, in sede di approvazione  del
rendiconto 2019 gli enti locali accantonano il fondo anticipazione di
liquidita' nel risultato di amministrazione al 31 dicembre 2019,  per
un importo pari all'ammontare complessivo delle anticipazioni di  cui
al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni,
dalla legge 6 giugno  2013,  n.  64,  e  successivi  rifinanziamenti,
incassate negli esercizi precedenti e non ancora rimborsate alla data
del 31 dicembre 2019. 
        2. L'eventuale peggioramento del disavanzo di amministrazione
al 31 dicembre 2019 rispetto all'esercizio precedente, per un importo
non   superiore   all'incremento   dell'accantonamento    al    fondo
anticipazione di liquidita' effettuato in sede di rendiconto 2019, e'
ripianato annualmente, a decorrere dall'anno  2020,  per  un  importo
pari   all'ammontare   dell'anticipazione   rimborsata   nel    corso
dell'esercizio. 
        3. Il fondo anticipazione di liquidita' costituito  ai  sensi
del comma 1 e' annualmente utilizzato secondo le seguenti  modalita'.
a) nel bilancio di previsione 2020-2022, nell'entrata  dell'esercizio
2020 e' iscritto, come utilizzo del risultato di amministrazione,  un
importo pari al fondo anticipazione  di  liquidita'  accantonato  nel
risultato di amministrazione 2019 e il medesimo importo  e'  iscritto
come fondo anticipazione di liquidita' nel titolo 4 della missione 20
- programma  03  della  spesa  dell'esercizio  2020,  riguardante  il
rimborso dei  prestiti,  al  netto  del  rimborso  dell'anticipazione
effettuato nell'esercizio; b) dall'esercizio 2021, fino  al  completo
utilizzo del  fondo  anticipazione  di  liquidita',  nell'entrata  di
ciascun esercizio del bilancia di previsione e'  applicato  il  fondo
stanziato nella spesa dell'esercizio  precedente  e  nella  spesa  e'
stanziato il medesimo fondo al netto del rimborso  dell'anticipazione
effettuato nell'esercizio. 
        4. La quota del risultato di amministrazione accantonata  nel
fondo  anticipazione  di  liquidita'  e'  applicata  al  bilancio  di
previsione   anche   da   parte   degli   enti   in   disavanzo    di
amministrazione». 
    2. Legittimazione della Sezione ad adire la Corte costituzionale. 
    In ordine alla legittimazione della Sezione a sollevare questione
di costituzionalita' in via incidentale nell'ambito dei controlli sui
piani di riequilibrio previsti dal titolo VIII  del  TUEL  (rubricato
«Enti locali deficitari o dissestati», nel cui ambito si collocano le
disposizioni  in  tema  di  procedura  di  riequilibrio   finanziario
pluriennale: articoli 243-bis - 243-sexies), si richiamano i principi
affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 18  del  2019
(ribadita sul punto dalla sentenza n. 105 del 2019), pronunciata  con
riferimento a fattispecie analoga a quella del presente giudizio. 
    Con la citata pronuncia il Giudice delle leggi ha,  tra  l'altro,
chiarito che: 
        i controlli del titolo VIII del  TUEL  «consistono  [...]  in
controlli  di   legittimità-regolarita'   se   non   addirittura   in
attribuzioni di natura giurisdizionale. [...] Si tratta di finzioni -
siano esse relative al controllo che  alla  giurisdizione  -  in  cui
l'attivita' della Corte dei conti risulta  rigorosamente  ancorata  a
parametri legali, tanto che  la  stessa  attivita'  di  controllo  e'
sottoponibile al sindacato giurisdizionale delle Sezioni  riunite  in
speciale composizione, in conformita'  ai  principi  contenuti  nella
sentenza n. 39 del 2014 di questa Corte» (sentenza n. 228 del 2017)»; 
        la  legittimazione  a  sollevare  questioni  di  legittimita'
costituzionale e' stata riconosciuta alla Corte dei conti in sede  di
controllo preventivo di legittimita' sugli atti (sentenza della Corte
costituzionale n. 226 del 1976) «in  ragione  della  sua  particolare
posizione istituzionale e della  natura  delle  sue  attribuzioni  di
controllo. Sotto il primo aspetto, viene  posta  in  rilievo  la  sua
composizione di "magistrati, dotati  delle  piu'  ampie  garanzie  di
indipendenza (art. 100, comma 2, Costituzione)" e la  sua  natura  di
"unico organo di controllo che goda di una diretta garanzia  in  sede
costituzionale". Sotto il  secondo  aspetto,  viene  in  evidenza  il
peculiare carattere del giudizio portato dalla Corte dei conti  sugli
atti sottoposti  a  controllo,  che  si  risolve  nel  valutarne  "la
conformita' (...) alle norme del diritto oggettivo, ad esclusione  di
qualsiasi  apprezzamento  che  non   sia   di   ordine   strettamente
giuridico". Una  funzione  cioe'  di  garanzia  dell'ordinamento,  di
"controllo esterno, rigorosamente  neutrale  e  disinteressato  (...)
preordinato a tutela del diritto oggettivo"»  (sentenza  n.  384  del
1991).  Detti  caratteri  costituiscono  indubbio  fondamento   della
legittimazione  della  Corte  dei  conti  a  sollevare  questioni  di
costituzionalita',   atteso   che   il   riconoscimento    di    tale
legittimazione, legata alla specificita' dei suoi compiti nel  quadro
della finanza  pubblica,  «si  giustifica  anche  con  l'esigenza  di
ammettere  al  sindacato  costituzionale  leggi   che,   come   nella
fattispecie in esame, piu' difficilmente verrebbero per altra via, ad
essa sottoposte» (sentenza n. 226 del 1976)»; 
        posta l'ascrivibilita' del sindacato sui bilanci  degli  enti
territoriali alla categoria del controllo  di  legittimita',  secondo
l'orientamento costante  della  Corte  costituzionale  (ex  plurimis,
sentenze n. 40 e n. 39 del 2014 e n. 60 del 2013) fin  dalle  riforme
introdotte dal decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con
modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, «il controllo  di
legittimità-regolarita' sui bilanci presenta - rispetto al  controllo
sugli atti - un ulteriore carattere che lo  avvicina  ancor  piu'  al
sindacato giurisdizionale. Infatti, mentre le pronunce  di  controllo
di legittimita' sugli atti possono essere in qualche  modo  disattese
dal Governo, ricorrendo  alla  registrazione  con  riserva,  e  dagli
stessi giudici delle altre magistrature, nei confronti sia degli atti
che hanno ottenuto la registrazione, sia  delle  situazioni  generate
dal diniego di visto,  l'accertamento  effettuato  nell'esercizio  di
questo sindacato di legittimita' sui bilanci "fa stato" nei confronti
delle  parti,  una  volta  decorsi  i  termini  di  impugnazione  del
provvedimento davanti  alla  Corte  dei  conti,  sezioni  riunite  in
speciale composizione». 
    Le richiamate conclusioni, raggiunte dalla  Corte  costituzionale
con riferimento alla funzione, attribuita alle Sezioni  regionali  di
controllo della Corte dei conti, di  «controllo  dell'attuazione  del
piano  di  riequilibrio  finanziario  pluriennale  approvato»   (art.
243-quater, comma 6,  TUEL),  appaiono  estensibili  all'attivita'  -
parimenti intestata alle ridette Sezioni - propedeutica all'esercizio
di quella funzione, ossia alla delibazione del piano sotto il profilo
della  sua  «congruenza  ai  fini  del   riequilibrio»,   delibazione
suscettibile di esitare nell'approvazione o  nel  diniego  del  piano
stesso (art. 243-quater, comma 3, TUEL). 
    3.  Impossibilita'   di   un'interpretazione   costituzionalmente
conforme. 
    Occorre altresi' verificare la possibilita' di un'interpretazione
delle disposizioni in  esame  conforme  ai  principi  costituzionali,
posto che, secondo la consolidata giurisprudenza  costituzionale,  il
giudice a quo, pena l'inammissibilita' della questione, ha l'onere di
condurre detto esercizio ermeneutico per verificare  la  possibilita'
di elidere il contrasto prospettato. 
    Il Collegio non ritiene praticabile un'interpretazione dei  commi
2 e 3 dell'art. 39-ter  del  decreto-legge  n.  162/2019  diversa  da
quella letterale, che non lascia dubbi sulla effettiva  volonta'  del
legislatore. 
    D'altro canto, e' acquisizione  condivisa  che  l'interpretazione
conforme a Costituzione postula  l'esistenza  di  un  dato  lessicale
polisenso  suscettibile  di  letture  alternative,  tale   cioe'   da
esprimere, in applicazione dei generali  canoni  ermeneutici,  due  o
piu' possibili significati, dei quali uno soltanto compatibile con  i
precetti costituzionali. Ne consegue che laddove, come  nel  caso  di
specie, l'univoco tenore letterale della  norma  non  consente  altre
interpretazioni,   l'accesso    al    sindacato    di    legittimita'
costituzionale si configura come percorso obbligato. 
    4. Le anticipazioni di liquidita' e il FAL 
    4.1  Considerata  «la  straordinaria  necessita'  ed  urgenza  di
intervenire  in  materia  di  pagamenti  dei  debiti  della  pubblica
amministrazione», il decreto-legge 8 aprile 2013, n.35 («Disposizioni
urgenti  per  il  pagamento  dei  debiti   scaduti   della   pubblica
amministrazione,  per  iI   riequilibrio   finanziario   degli   enti
territoriali, nonche' in materia di versamento di tributi degli  enti
locali», convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n.
64) ha introdotto misure dirette a consentire il pagamento  da  parte
delle pubbliche amministrazioni  di  debiti  scaduti,  con  modalita'
differenti per gli enti locali (art. 1), le  Regioni  e  le  Province
autonome (art. 2), gli enti del Servizio sanitario nazionale  per  il
tramite delle Regioni (art. 3) e le amministrazioni statali (art. 5). 
    A tal fine il  decreto-legge  ha  previsto  (art.  1,  comma  10)
l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero  dell'economia
e delle finanze, di un fondo (denominato  «Fondo  per  assicurare  la
liquidita' per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili»), la
cui   dotazione   iniziale   e'   stata   oggetto    di    successivi
rifinanziamenti. 
    Per quanto di interesse in questa sede, l'art. 1, comma  13,  del
decreto-legge in menzione ha previsto la possibilita' per  «Gli  enti
locali che non possono far  fronte  ai  pagamenti  dei  debiti  certi
liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012,  ovvero
dei  debiti  per  i  quali  sia  stata  emessa  fattura  o  richiesta
equivalente di pagamento entro predetto termine a causa di carenza di
liquidita'»  di  chiedere  a  Cassa   Depositi   e   Prestiti   (CDP)
un'anticipazione di liquidita' da destinare ai predetti  pagamenti  e
da restituire «con piano di ammortamento a rate costanti, comprensive
di quota capitale e quota interessi, con durata  fino  a  un  massimo
di trenta anni». 
    4.2 Tali risorse hanno la natura di una  mera  anticipazione:  in
altri  termini,  forniscono  una   provvista   di   liquidita',   sul
presupposto della temporanea difficolta'  degli  enti  beneficiari  a
realizzare le entrate che - in base al principio generale  di  unita'
del bilancio (Allegato 1 al decreto legislativo n. 118/2011, § 2: «E'
complesso  unitario  delle  entrate  che  finanzia  l'amministrazione
pubblica e quindi sostiene cosi' la totalita' delle sue spese durante
la gestione») - offrono  copertura  alle  spese  poi  pagate  con  la
liquidita' in questione; quelle entrate, una volta incassate, saranno
destinate all'adempimento del debito verso  CDP,  che  ha  sostituito
quelli verso i precedenti creditori e che, rispetto a questi  ultimi,
gode di condizioni piu' favorevoli sub specie di tempi (fino a trenta
anni) di rimborso. 
    Diversamente, se cioe' gli enti  beneficiari  dovessero  reperire
nuove risorse per dare copertura alla restituzione  della  liquidita'
ricevuta da CDP, si sarebbe in presenza non  di  un'anticipazione  di
cassa, ma di un finanziamento; l'operazione - ove la liquidita' fosse
utilizzata per sostenere spesa corrente - risulterebbe  in  contrasto
con  l'art.  119,  comma  6,  Costituzione,  secondo  cui  gli   enti
territoriali possono ricorrere all'indebitamento solo per  finanziare
spese di investimento, come elencate dall'art.  3,  comma  17,  della
legge 24 dicembre 2003, n. 350 («Disposizioni per la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004»). 
    In  proposito,  e'  stato  evidenziato  che  «Tale  anticipazione
consente di superare l'emergenza dei pagamenti dei debiti pregressi e
si  concretizza  nella  mera  sostituzione  dei  soggetti   creditori
dell'ente al MEF  in  luogo  degli  originari  creditori),  Pertanto,
l'anticipazione non puo' costituire il  finanziamento  di  una  nuova
spesa» (Corte dei conti, Sezione delle autonomie, deliberazione n. 19
del 2014). 
    E' stato altresi' chiarito  che  l'intervento  statale  e'  stato
originato  dalla  «esigenza  di   consentire   alle   amministrazioni
territoriali pagamenti per spese  gia'  effettuate,  con  conseguente
consegna di beni e servizi da parte di privati  fornitori,  ma  senza
corresponsione del prezzo pattuito, perche' le coperture  formalmente
previste  nei  bilanci  degli  enti  non  avevano  trovato  effettiva
realizzazione»; cio', peraltro, non senza sottolineare  la  «gestione
poco accorta» all'origine del fenomeno in questione, «che non  si  e'
curata di allineare le possibilita' di spesa alle  risorse  realmente
disponibili.  Conseguentemente  l'accesso   alle   anticipazioni   di
liquidita' si configura come un  debito  assunto  per  far  fronte  a
debiti  pregressi»  (Corte  dei  conti,  Sezione   delle   autonomie,
deliberazione n. 28 del 2017). 
    4.3  L'eccezionalita'  dell'intervento   statale   e   l'anomalia
patologica delle sottostanti gestioni hanno  imposto  un  trattamento
peculiare e differenziato rispetto al normale debito a lungo termine. 
    4.3.1 Sul punto occorre sinteticamente premettere che, in sede di
approvazione del rendiconto della gestione, e' accertato il risultato
di amministrazione, inteso quale saldo differenziale tra poste attive
e passive in cui si articola il ciclo finanziario  di  un  ente;  ove
negativo, il saldo esprime un valore (disavanzo)  da  recuperare  per
ripristinare l'equilibrio (pluriennale) tra entrate e spese. 
    Il risultato di amministrazione e' stato oggetto di modifiche  ad
opera della riforma dell'armonizzazione contabile realizzata  con  il
citato decreto legislativo n. 118/2011, con cui e' stato previsto  un
articolato sistema di  fondi  finalizzato  a  verificare  l'effettiva
condizione finanziaria degli enti territoriali. 
    Da un lato, e' stato introdotto il  fondo  pluriennale  vincolato
(FPV),  costituito   da   risorse   gia'   accertate   destinate   al
finanziamento di obbligazioni passive gia' impegnate, ma esigibili in
esercizi successivi a quello in cui e' accertata l'entrata; si tratta
di «un  saldo  finanziario  che  garantisce  la  copertura  di  spese
imputate agli esercizi  successivi  a  quello  in  corso,  che  nasce
dall'esigenza di applicare il principio della competenza  finanziaria
[...] e rendere evidente  la  distanza  temporale  intercorrente  tra
l'acquisizione  dei  finanziamenti  e  l'effettivo  impiego  di  tali
risorse»  (punto  5.4  dell'Allegato  4/1  -   «Principio   contabile
applicato concernente la programmazione di  bilancio»  -  al  decreto
legislativo n. 118/2011); la considerazione di tale fondo precede  la
determinazione del risultato di amministrazione formale (detto  anche
«saldo contabile primario»). 
    Dall'altro, il legislatore delegato ha previsto  ulteriori  fondi
(distinti in accantonati, vincolati e  destinati  agli  investimenti)
che concorrono  a  definire  il  c.d.  risultato  di  amministrazione
sostanziale o «parte disponibile» del  risultato.  Essi  operano  sul
saldo contabile primario, verificandone la capienza rispetto a  spese
o  rischi   ad   esigibilita'/attualita'   proiettata   in   esercizi
finanziari. 
    La dimensione normativa di quanto fin qui richiamato e' contenuta
- per quanto concerne gli enti locali - nel TUEL e  nell'Allegato  n.
4/2  («Principio  contabile  applicato  concernente  la  contabilita'
finanziaria», punto 9.2) al decreto legislativo n. 118/2011. 
    In particolare, in base al  comma  1  dell'art.  186  («Risultato
contabile di  amministrazione»)  TUEL,  «Il  risultato  contabile  di
amministrazione  e'  accertato  con  l'approvazione  del   rendiconto
dell'ultimo esercizio chiuso ed e' pari al fondo di  cassa  aumentato
dei residui attivi e diminuito dei residui  passivi.  Tale  risultato
non  comprende  le  risorse  accertate  che  hanno  finanziato  spese
impegnate con imputazione agli esercizi successivi, rappresentate dal
fondo pluriennale  vincolato  determinato  in  spesa  del  conto  del
bilancio». 
    Ai sensi del successivo art. 187 («Composizione del risultato  di
amministrazione»), il risultato di  amministrazione  e'  distinto  in
fondi liberi, fondi vincolati, fondi destinati  agli  investimenti  e
fondi  accantonati  (comma  1);   questi   ultimi   comprendono   gli
accantonamenti per passivita' potenziali e il fondo crediti di dubbia
esigibilita' (FCDE); nel caso in cui il risultato di  amministrazione
non sia sufficiente a comprendere le  quote  vincolate,  destinate  e
accantonate,  l'ente  e'  in  disavanzo  di  amministrazione  e  tale
disavanzo e' iscritto come posta a se' stante nel primo esercizio del
bilancio di previsione secondo le modalita'  previste  dall'art.  188
(comma 2). 
    4.3.2 Cio' posto, assumendo alcune semplificazioni  su  variabili
non necessarie ai fini in esame (FPV e parti accantonate, vincolate e
destinate pari  a  zero)  e  ricordato  che  i  residui  attivi  sono
l'espressione di entrate accertate ma  non  ancora  riscosse  (ovvero
riscosse ma non ancora  versate)  e,  dunque,  rappresentano  crediti
dell'ente pubblico nei confronti di terzi e  che  i  residui  passivi
sono l'espressione di spese gia'  impegnate  e  non  ancora  ordinate
(ovvero ordinate ma non ancora  pagate)  e,  pertanto,  rappresentano
debiti dell'ente pubblico nei confronti di  terzi,  si  ipotizzi  una
situazione come quella sottostante: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Tornando al trattamento  dell'anticipazione  di  liquidita',  per
evitare che essa possa generare effetti espansivi sulla capacita'  di
spesa e' stato previsto lo stanziamento, fra le spese del bilancio di
previsione, di un fondo denominato Fondo anticipazione di  liquidita'
(FAL)  non  impegnabile,  di  importo  pari  alle  anticipazioni   di
liquidita' incassate nell'esercizio, la cui economia  confluisce  nel
risultato di amministrazione come quota accantonata, che permette  di
considerare le somme da restituire e di sottrarre  le  corrispondenti
risorse dalla disponibilita' finale. 
    In  proposito,  si  ipotizzi  che,  a  fronte  della   situazione
finanziaria sopra descritta, l'ente interessato decida  di  accendere
un'anticipazione  di  liquidita'  pari  a  300  (con  un   piano   di
ammortamento trentennale) per pagare debiti di pari importo. 
    Cio' migliorera' il risultato  di  amministrazione  formale,  che
risultera' incrementato di un importo pari alla liquidita' ricevuta e
destinata alla riduzione dei residui  passivi;  l'accantonamento  del
FAL evitera' pero' che quella liquidita' possa incidere sul risultato
sostanziale (che  dunque  resta  immutato),  evidenziando  il  debito
restitutorio sorto verso CDP. 
    La  situazione  che  si  determinera'  sara'  quella  qui   sotto
riportata: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Come di recente affermato dalla Corte dei conti, Sezioni  riunite
in sede giurisdizionale in speciale composizione (ordinanza n. 5  del
18 febbraio  2019,  con  cui  e'  stata  sollevata  la  questione  di
legittimita' costituzionale definita con la sentenza n. 4 del  2020),
«[...] stanziando nella parte in uscita un fondo non impegnabile,  di
importo   pari   alle   anticipazioni   di    liquidita'    incassate
nell'esercizio, si preclude qualunque utilizzo in bilancio  di  dette
risorse per la copertura di  disavanzi  ovvero  di  spese  diverse  e
ulteriori rispetto alla finalita' tipica  del  pagamento  dei  debiti
pregressi previsti dalla legge. Inoltre, facendo confluire tale fondo
(che essendo non impegnabile costituisce un'economia di spesa)  nella
parte accantonata del risultato di amministrazione, si sterilizza  il
miglioramento dello  stesso,  derivante  dal  pagamento  dei  residui
passivi fatto con l'anticipazione,  che  viene  erogata  proprio  per
consentire  il  pagamento  di  debiti  pregressi  gia'   regolarmente
iscritti  in  bilancio  ed  impegnati  (debiti  «certi   liquidi   ed
esigibili» ad una determinata data). 
    In tal modo si impedisce che un'erogazione destinata ad  incidere
solo sulla cassa dell'ente determini un miglioramento  del  risultato
di amministrazione e conseguentemente un incremento  della  capacita'
di spesa. 
    Da quanto detto discende che il FAL puo' modificarsi soltanto  in
seguito alla restituzione  dell'anticipazione  che  avviene  a  «rate
costanti, comprensive di quota capitale e quota interessi, con durata
fino a un massimo di trenta anni (decreto-legge n. 35/2013,  art.  1,
c. 13, per gli enti locali  e  art.  2,  c.  1,  lettera  c,  per  le
regioni); piu' esattamente  la  riduzione  puo'  avvenire  in  misura
corrispondente  all'importo  della  quota  capitale  della  rata   di
rimborso annuale». 
    4.4  La  soluzione  contabile   fin   qui   descritta   e'   oggi
positivizzata  nell'allegato  n.  4/2  al  decreto   legislativo   n.
118/2011; in base al punto 3.20-bis (introdotto dall'art. 3 del  d.m.
1° agosto 2019, recante  «Aggiornamento  degli  allegati  al  decreto
legislativo n. 118 del 2011»): 
        le anticipazioni di liquidita'  sono  definite  dall'art.  3,
comma 17, della legge n. 350/2003 come «operazioni che non comportano
risorse aggiuntine,  ma  consentono  di  superare,  entro  il  limite
massimo stabilito dalla normativa  statale  vigente,  una  momentanea
carenza di liquidita' e di effettuare spese  per  le  quali  e'  gia'
prevista  idonea  copertura  di  bilancio»;  esse  non  costituiscono
indebitamento agli effetti dell'art. 119 Costituzione e di  norma  si
estinguono entro un anno; 
        per le anticipazioni che devono essere chiuse  entro  l'anno,
la natura di «anticipazione di liquidita' che  non  comporta  risorse
aggiuntive»  e'  rappresentata  contabilmente   dall'imputazione   al
medesimo   esercizio   dell'accertamento    dell'entrata    derivante
dall'anticipazione e dell'impegno di spesa concernente il rimborso; 
        per  le  anticipazioni  a  rimborso  pluriennale,  l'evidenza
contabile della  natura  di  «anticipazione  di  liquidita'  che  non
comporta risorse aggiuntive» e' costituita dalla  «iscrizione  di  un
fondo anticipazione di  liquidita'  nel  titolo  4  della  spesa,  di
importo   pari   alle   anticipazioni   di    liquidita'    incassate
nell'esercizio  e  non  restituite,  non  impegnabile   e   pagabile,
destinato a confluire nel risultato di  amministrazione,  come  quota
accantonata»; 
        «Il meccanismo di  creazione  del  fondo  con  corrispondente
accantonamento in ogni caso costituisce strumento di  sterilizzazione
degli effetti espansivi della  spesa  e  non  deve  costituire  forma
surrettizia di copertura di spese»; 
        per le anticipazioni di cui al  decreto-legge  n.  35/2003  e
successivi rifinanziamenti gli enti  locali  fanno  riferimento  alle
indicazioni fornite dalla Corte dei conti con le deliberazioni  della
Sezione delle autonomie n. 33 del 2015 e n 28 del 2017. 
    Con la deliberazione n. 33 del 2015 - resa  nell'esercizio  della
funzione «nomofilattica» prevista dall'art. 6, comma 4, decreto-legge
n.  174/2012  («Al  fine   di   prevenire   o   risolvere   contrasti
interpretativi rilevanti per l'attivita' di controllo o consultiva  o
per la risoluzione di questioni di massima di particolare  rilevanza,
la Sezione delle autonomie emana delibera di orientamento alla  quale
le Sezioni regionali di controllo si conformano») - la Sezione  delle
autonomie  ha  delineato  le  modalita'  di  contabilizzazione  delle
anticipazioni di liquidita' da parte degli enti locali; a  tal  fine,
dopo aver chiarito che: 
        le anticipazioni in esame integrano «una specifica  forma  di
"anticipazione di  liquidita'"  avente  una  peculiare  modalita'  di
rimborso rateizzato che si  estende  su  un  arco  temporale  massimo
di trenta  anni,  anziche'  risolversi   nell'ambito   dello   stesso
esercizio finanziario, come per le comuni anticipazioni di cassa. Con
tale operazione straordinaria si consente agli enti  territoriali  di
ricostituire  immediatamente  le  risorse  di  cassa  necessarie   ad
onorare,  indistintamente,  debiti  pregressi  correnti  e  in  conto
capitale per  i  quali  avrebbero  dovuto  essere  gia'  previste  in
bilancio  le  idonee  coperture  finanziarie.  Il  debito  verso  gli
originari creditori si converte in un  debito  pluriennale  verso  la
Cassa  depositi  e  prestiti,  equivalente  sul  piano  economico  ma
maggiormente  sostenibile  in  quanto  la  restituzione  delle  somme
anticipate  viene  diluita  nel  tempo   in   modo   da   riallineare
progressivamente la cassa con la competenza»; 
    «Onde evitare effetti espansivi  della  capacita'  di  spesa,  e'
necessario  che  gli  effetti  dell'anticipazione  sul  bilancio   di
competenza  vengano  integralmente  «sterilizzati»,  per   il   tempo
necessario  alla  completa   restituzione   delle   somme   riscosse,
provvedendo ad iscrivere nel titolo di spesa riguardante il  rimborso
dei  prestiti  una  posta  rettificativa,  avente  natura   meramente
finanziaria, corrispondente  all'importo  della  coeva  anticipazione
riscossa in entrata. Cio' impedisce qualunque utilizzo in bilancio di
dette risorse per la copertura di pregressi disavanzi ovvero di spese
diverse e ulteriori rispetto alla finalita' tipica del pagamento  dei
debiti certi, liquidi ed esigibili previsti dalla legge»; 
    «Gli stessi oneri  relativi  al  rimborso  della  quota  capitale
dell'anticipazione non potranno trovare copertura  nell'anticipazione
di liquidita' iscritta in entrata, ma dovranno  essere  finanziati  a
carico della situazione corrente del bilancio per non  incorrere  nel
divieto di indebitamento di cui all'art. 119, comma 6, Costituzione o
nella violazione degli equilibri del bilancio garantiti dall'art.  81
Costituzione.  E'   naturale,   infatti,   che   l'anticipazione   di
liquidita', per il suo carattere neutrale rispetto alla capacita'  di
spesa dell'ente, sia  finalizzata  esclusivamente  al  pagamento  dei
debiti scaduti, non gia' anche al rimborso di se stessa»; 
        la  contabilizzazione  delle  anticipazioni   di   liquidita'
mediante apposizione di un vincolo sul risultato  di  amministrazione
e' soluzione recepita nell'art. 2, comma 6, decreto-legge  19  giugno
2015, n. 78, convertito dalla legge 6 agosto 2015, n.  125,  dal  cui
disposto risulta che gli enti locali destinatari delle anticipazioni,
che abbiano costituito il fondo per assicurare la  liquidita'  per  i
pagamenti dei debiti certi,  liquidi  ed  esigibili  ex  art.  1  del
decreto-legge  n.  35/2013,  «utilizzano  la  quota  accantonata  nel
risultato  di  amministrazione  a  seguito  dell'acquisizione   delle
erogazioni, ai fini dell'accantonamento al fondo  crediti  di  dubbia
esigibilita' nel risultato di amministrazione»; 
    ha affermato i seguenti principi di diritto: 
        «Nei  bilanci  degli  enti  locali   soggetti   alle   regole
dell'armonizzazione contabile, la sterilizzazione degli  effetti  che
le anticipazioni di liquidita' erogate ai sensi del  decreto-legge  8
aprile 2013, n. 35, convertito dalla legge 6 giugno 2013,  n.  64,  e
successive modificazioni, integrazioni e  rifinanziamenti,  producono
sul risultato di amministrazione va effettuata stanziando nel  titolo
della spesa riguardante  il  rimborso  dei  prestiti  un  fondo,  non
impegnabile,  di  importo  pari  alle  anticipazioni  di   liquidita'
incassate nell'esercizio, la cui economia confluisce nel risultato di
amministrazione come quota accantonata ai  sensi  dell'art.  187  del
decreto  legislativo  18  agosto  2000,   n.   267.   Il   fondo   di
sterilizzazione degli effetti delle anticipazioni  di  liquidita'  va
ridotto, annualmente, in proporzione alla quota  capitale  rimborsata
nell'esercizio»; 
        «L'impegno contabile per il  rimborso  dell'anticipazione  va
imputato ai singoli bilanci degli esercizi successivi in cui  vengono
a scadenza le obbligazioni  giuridiche  passive  corrispondenti  alle
rate di ammortamento annuali. La relativa  copertura  finanziaria  va
assunta a valere sulle risorse che concorrono all'equilibrio corrente
di competenza,  individuate  ex  novo  ovvero  rese  disponibili  per
effetto di una riduzione strutturale della spesa»; 
        «L'utilizzo   del   fondo   di   sterilizzazione   ai    fini
dell'accantonamento al fondo crediti di' dubbia esigibilita'  di  cui
all'art. 2, comma 6, decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78,  convertito
dalla legge  6  agosto  2015,  n.  125,  non  deve  produrre  effetti
espansivi della capacita' di spesa dell'ente». 
    Le  indicazioni  offerte  dalla  pronuncia  della  Sezione  delle
autonomie sono state recepite dal decreto del Ministero dell'economia
e delle finanze del 4 agosto 2016 («Aggiornamento degli  allegati  al
decreto legislativo n. 118 del 2011, recante disposizioni in  materia
di armonizzazione dei sistemi contabili e degli  schemi  di  bilancio
delle  regioni,  degli  enti  locali  e  dei  loro  organismi»)  che,
modificando alcuni allegati al decreto legislativo  n.  118/2011,  ha
previsto, nella parte dedicata alla  composizione  del  risultato  di
amministrazione,  l'inserimento  della  voce   «Fondo   anticipazioni
liquidita' decreto-legge n. 35 del  2013  e  successive  modifiche  e
rifinanziamenti»  (art.  5,  lettera  e)  e f)  per  il  bilancio  di
previsione; art. 6, lettera f), per quel che concerne il rendiconto). 
    Con la deliberazione n. 28 del 2017 la  Sezione  delle  autonomie
della Corte dei conti, sempre nell'esercizio  della  citata  funzione
nomofilattica, si e' pronunciata  sull'interpretazione  dell'art.  1,
commi 692-701, della legge 28 dicembre 2015,  n.  208  («Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -
legge di stabilita' 2016»), che -  a  seguito  della  sentenza  della
Corte costituzionale n. 181 del 2015 (cfr. infra) - hanno  introdotto
una peculiare disciplina della contabilizzazione delle  anticipazioni
di liquidita' erogate alle Regioni. 
    Tale  articolata  normativa  e'   incentrata:   sull'obbligo   di
iscrivere, nel titolo di spesa riguardante il rimborso dei  prestiti,
un  fondo  anticipazione  di  liquidita'   di   importo   pari   alle
anticipazioni incassate nell'esercizio, non impegnabile  e  pagabile,
destinato  a  confluire  come  quota  accantonata  nel  risultato  di
amministrazione (comma 692); sull'utilizzo annuale del predetto fondo
(commi  693,  695,  700)  e  sul  ripiano  dell'eventuale   disavanzo
risultante nell'esercizio di erogazione dell'anticipazione (commi 694
e 696) o derivante dall'accantonamento al fondo (comma 699). 
    In proposito, la Sezione delle autonomie - dopo aver ribadito che
le anticipazioni di liquidita' originano «dall'esigenza di consentire
alle  amministrazioni   territoriali   pagamenti   per   spese   gia'
effettuate, con conseguente consegna di beni e servizi  da  parte  di
privati fornitori,  ma  senza  corresponsione  del  prezzo  pattuito,
perche' le coperture formalmente previste nei bilanci degli enti  non
avevano trovato effettiva realizzazione» - ha affermato, tra l'altro,
i seguenti principi di diritto: 
        «1) il fondo anticipazioni di liquidita' deve essere allocato
in bilancio nel  titolo  IV  della  spesa  come  specifica  voce  del
Rimborso prestiti, non impegnabile e non  pagabile;  detto  fondo  e'
determinato ogni  anno,  rispetto  all'anticipazione  originariamente
ottenuta, detraendo le rate gia' rimborsate e  al  netto  della  rata
pagata nell'esercizio (comma 692) o nell'esercizio precedente  (commi
698-700); lo stesso importo e' riportato  come  posta  negativa  alla
specifica voce "Fondo anticipazioni liquidita'  decreto-legge  n.  35
del 2013 e successive  modifiche  e  rifinanziamenti"  nel  prospetto
dimostrativo della composizione del  risultato  d'amministrazione  di
cui all'allegato A)  degli  schemi  di  rendiconto  (allegato  10  al
decreto legislativo n. 118/2011); 
        2) la prima voce della spesa "Disavanzo  di  amministrazione"
deve essere comprensiva della quota annuale di ripiano del  disavanzo
da accantonamento al fondo anticipazioni di liquidita' determinata in
misura  pari  alla  rata  di  rimborso   annuale   dell'anticipazione
ricevuta; della specifica voce di  disavanzo  occorre  dare  distinta
evidenza  nella  nota  integrativa  bilancio  (paragrafo  9.11.7  del
principio contabile 4/1 allegato al decreto legislativo n. 118/2011); 
        3)  il  fondo  anticipazioni  liquidita'   sterilizzato   nel
risultato  di  amministrazione  -  come  parte   accantonata   -   e'
annualmente applicato, ai sensi dell'art. 1, commi 693  e  700  della
legge  n.  208/2015,  in   entrata   del   bilancio   di   previsione
dell'esercizio  successivo  come  "Utilizzo  fondo  anticipazioni  di
liquidita'"; 
        4) tali modalita' operative devono  essere  seguite  fino  al
termine  del  periodo  contrattualmente  previsto   per   l'integrale
rimborso delle anticipazioni allo Stato, con conseguente  azzeramento
della voce "Utilizzo fondo anticipazioni di liquidita'"; 
        5) deve trovare adeguata contabilizzazione anche la quota  di
rimborso annuale dell'anticipazione di liquidita', da finanziare  con
risorse da individuare ex novo ovvero disponibili per  effetto  della
riduzione strutturale della spesa». 
    5. La giurisprudenza in materia della Corte costituzionale. 
    Nel ricordare il contesto dialettico «astretto tra i  vincoli  di
indebitamento e l'indefettibilita' delle scadenze debitorie»  in  cui
e' maturato il decreto-legge n. 35/2013, con la sentenza n.  181  del
2015 la Corte costituzionale - nel dichiarare l'illegittimita'  delle
leggi della Regione Piemonte n. 16 e n. 19 del 2013  nella  parte  in
cui non prevedevano l'inserimento, nel titolo  III  della  spesa  del
bilancio  2013,  di  una   posta   di   importo   pari   alle   somme
complessivamente incamerate al titolo V dell'entrata  ed  erogate  da
parte dello Stato ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto-legge  n.
35/2013 - ha chiarito che: 
        le  anticipazioni   di   liquidita'   integrano   «meccanismi
finanziari attraverso  i  quali  -  pur  rimanendo  vietata  la  loro
utilizzazione per la copertura di spese, che non sarebbero consentite
dalla nostra Costituzione e dai vincoli europei - viene posto rimedio
a  gravi  deficienze  della  disponibilita'  di  cassa   degli   enti
interessati dai ritardi» (§ 4.2 del Considerato in diritto); 
        un'interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata
delle norme statali porta a concludere che le anticipazioni in  esame
«altro non costituiscono che anticipazioni di  cassa  di  piu'  lunga
durata temporale rispetto a quelle ordinarie. La loro ratio, quale si
ricava dalla genesi del decreto-legge e dai suoi lavori  preparatori,
e'  quella  di  riallineare   nel   tempo   la   cassa   degli   enti
strutturalmente   deficitari   con    la    competenza,    attraverso
un'utilizzazione limitata al  pagamento  delle  passivita'  pregresse
unita a contestuali risparmi nei bilanci futuri,  proporzionati  alle
quote di debito inerenti alla restituzione della anticipazione stessa
cosi'  da  rientrare  dai   disavanzi   gradualmente   ed   in   modo
temporalmente  e  finanziariamente  proporzionato  alla  restituzione
dell'anticipazione» (§ 4.3.2 del Considerato in diritto); 
        l'obbligo  di  sterilizzare   l'anticipazione   (inizialmente
previsto dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti  con  la
deliberazione  n.  19  del   2014   nell'esercizio   della   funzione
nomofilattica in sede di controllo  sugli  enti  territoriali  e  poi
positivizzato dal legislatore) e' finalizzato  a  fare  in  modo  che
l'anticipazione in esame «da strumento  di  flessibilizzazione  della
cassa non diventi anomalo mezzo di copertura  di  nuove  spese  e  di
riduzione del disavanzo con modalita' contrarie agli  articoli  81  e
119, sesto comma, Costituzione. L'anticipazione  non  deve,  infatti,
rappresentare una risorsa aggiuntiva per  la  copertura  di  spese  o
disavanzi, bensi' un istituto di natura finanziario-contabile  avente
lo scopo di fornire liquidita' per  onorare  debiti  pregressi,  gia'
regolarmente iscritti in bilancio ed impegnati o comunque  vincolati»
(§ 6.1 del Considerato in diritto); 
        dal  combinato   disposto   dell'art.   119,   sesto   comma,
Costituzione - che consente il ricorso all'indebitamento  degli  enti
territoriali solo per finanziare spese di investimento - e  dell'art.
3, comma 17,  della  legge  n.  350/2003  (legge  finanziaria  2004),
secondo  cui  «[...]  costituiscono   indebitamento,   agli   effetti
dell'art. 119,  sesto  comma,  Costituzione,  l'assunzione  di  mutui
[...]. Non costituiscono indebitamento, agli effetti del citato  art.
119,  le  operazioni  che  non  comportano  risorse  aggiuntive,   ma
consentono di superare,  entro  il  limite  massimo  stabilito  dalla
normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidita' e  di
effettuare spese per le quali e' gia' prevista  idonea  copertura  di
bilancio» - si ricava che «se l'anticipazione di liquidita' fosse  da
considerare un mutuo ai sensi del citato art. 3, comma 17,  la  norma
statale che  la  prevede  sarebbe  in  contrasto  con  il  richiamato
parametro costituzionale e,  conseguentemente,  sarebbe  essa  stessa
illegittima [...] la combinazione di dette  norme  e  la  genesi  del
decreto-legge  n.  35  del  2013  non  consentono  alternative   alla
classificazione  quale  anticipazione  di  liquidita'   delle   somme
attribuite  dallo  Stato  e  da  quest'ultimo  acquisite   attraverso
l'emissione di titoli del debito pubblico» (§ 6.2 del Considerato  in
diritto). 
    Con la sentenza n. 89 del 2017  la  Corte  costituzionale  -  nel
dichiarare l'illegittimita' dell'art. 16 della  legge  della  Regione
Abruzzo n. 20 del 2013 riguardante le anticipazioni di liquidita'  ex
art. 3 del decreto-legge n. 35/2013 - ha precisato che: 
        «la contabilizzazione dell'anticipazione  di  liquidita'  non
puo' essere disciplinata come un mutuo, la cui provvista  finanziaria
entra nel risultato di amministrazione per la parte attiva attraverso
l'incameramento della sorte nel titolo di entrata dedicato ai  mutui,
prestiti o altre operazioni creditizie e serve a  coprire,  in  parte
spesa, gli investimenti.  Nel  caso  del  mutuo  il  capitale  e  gli
interessi da restituire pesano sul risultato di  amministrazione  per
la sola rata annuale, mentre nel caso dell'anticipazione e'  l'intera
somma "sterilizzata" ad essere iscritta tra le passivita'»; 
        la legge di stabilita' per il 2016 (art. 1, comma 692,  della
legge  n.  208/2015)  prevede,  come   modalita'   di   registrazione
dell'anticipazione di liquidita', l'iscrizione, «nel titolo di  spesa
riguardante il rimborso dei prestiti, [di] un fondo anticipazione  di
liquidita',  di  importo  pari  alle  anticipazioni   di   liquidita'
incassate nell'esercizio, non impegnabile  e  pagabile,  destinato  a
confluire nel risultato di amministrazione,  come  quota  accantonata
definita dall'art. 42 del decreto  legislativo  23  giugno  2011,  n.
118»,   laddove   la   locuzione   «confluire   nel   risultato    di
amministrazione come  quota  accantonata»  altro  non  significa  che
«neutralizzazione» della correlata posta attiva ai fini  del  calcolo
del risultato di amministrazione; 
        il legislatore  ha  ulteriormente  sviluppato  gli  enunciati
della sentenza n. 181 del 2015 nel comma 698 della medesima legge  di
stabilita', prescrivendo che  «[l]e  regioni  che  [...],  a  seguito
dell'incasso  delle   anticipazioni   di   liquidita'   di   cui   al
decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successivi  rifinanziamenti,  non
hanno stanziato in bilancio,  tra  le  spese,  un  fondo  diretto  ad
evitare il finanziamento di  nuove  e  maggiori  spese  e  non  hanno
accantonato tale  fondo  nel  risultato  di  amministrazione,  previo
parere dell'organo di revisione economico-finanziaria,  provvedono  a
rideterminare [...]» il proprio risultato  di  amministrazione;  tale
enunciato esprime una regola che costituisce una mera  specificazione
contabile del citato art. 3 del decreto-legge n. 35 del 2013; 
        il successivo comma 699 prevede  «un  percorso  agevolato  di
ripiano del maggiore disavanzo derivante dall'accantonamento  di  cui
al comma 698»,  disponendo  che  lo  stesso  avvenga  annualmente,  a
decorrere   dal   2016,   per   un   importo    pari    all'ammontare
dell'anticipazione rimborsata nel corso dell'esercizio precedente  (§
7.1 del Considerato in diritto). 
    La sentenza n. 274  del  2017,  dichiarativa  dell'illegittimita'
dell'art. 6 della legge della Regione Liguria n. 26 del 2016 (recante
l'assestamento al bilancio di  previsione  per  gli  anni  finanziari
2016-2018), ha affermato che: 
        «[...] le anticipazioni di liquidita' costituiscono  elemento
influente sulla sola cassa e non un cespite utilizzabile nella  parte
attiva del bilancio. La  loro  contabilizzazione  in  entrata  amplia
artificiosamente le risorse disponibili consentendo  spese  oltre  il
limite del  naturale  equilibrio»,  con  conseguente  «[...]  mancata
copertura delle spese per l'insussistenza dei cespiti in entrata e il
conseguente  squilibrio  del  bilancio  di  competenza»  (§   4   del
Considerato in diritto); 
        il FAL non puo' essere inserito tra le partite attive ai fini
della  determinazione  del  risultato  di  amministrazione;  cio'  in
quanto, dovendo operare in termini di sola cassa per fronteggiare  la
carenza di liquidita', «l'anticipazione di  liquidita',  per  il  suo
carattere neutrale rispetto alla capacita' di spesa  dell'ente,  deve
essere finalizzata esclusivamente al  pagamento  dei  debiti  scaduti
relativi  a  partite  gia'  presenti  nelle  scritture  contabili  di
precedenti  esercizi  e  non  figurare  come  componente  attiva  del
risultato di amministrazione» (§ 4.3 del Considerato in diritto). 
    Infine, con la sentenza n. 4 del 2020 la Corte costituzionale  ha
dichiarato costituzionalmente illegittimi: 
        1) l'art. 2, comma  6,  del  decreto-legge  n.  78/2015,  che
consentiva, agli enti destinatari delle anticipazioni  di  liquidita'
ai sensi del  decreto-legge  n.  35/2013,  di  utilizzare  «la  quota
accantonata   nel   risultato   di    amministrazione    a    seguito
dell'acquisizione delle erogazioni, ai  fini  dell'accantonamento  al
fondo   crediti   di   dubbia   esigibilita'   nel    risultato    di
amministrazione»; 
        2) l'art. 1, comma 814, della legge  n.  205/2017  (legge  di
bilancio 2018), recante  un'interpretazione  autentica  dell'art.  2,
comma 6, del decreto-legge n. 78/2015. 
    Secondo la Corte costituzionale, le due disposizioni  contrastano
con i parametri di cui agli artticoli 81,  97,  primo  comma  e  119,
sesto comma, Costituzione, che «operano in  stretta  interdipendenza,
cosicche' l'anomala utilizzazione delle anticipazioni  di  liquidita'
consentita  dalle   disposizioni   impugnate   finisce   per   ledere
l'equilibrio del bilancio, il principio di sana gestione  finanziaria
e, contemporaneamente, viola la "regola  aurea"  contenuta  nell'art.
119, sesto comma, Costituzione,  secondo  cui  l'indebitamento  degli
enti territoriali deve essere riservato a spese di  investimento»  (§
4, primo capoverso, del Considerato in diritto). 
    In  particolare  -  richiamata  la  distinzione  funzionale   fra
l'accantonamento a titolo di fondo  crediti  di  dubbia  esigibilita'
(FCDE) e quello a titolo di fondo anticipazioni di liquidita' (FAL) e
ribadito che la ratio dell'anticipazione di liquidita' «e' quella  di
riallineare nel tempo la cassa degli enti strutturalmente  deficitari
con la competenza, attraverso un'utilizzazione limitata al  pagamento
delle passivita' pregresse unita a contestuali risparmi  nei  bilanci
futuri, proporzionati alle quote di debito inerenti alla restituzione
della  anticipazione  stessa  cosi'  da   rientrare   dai   disavanzi
gradualmente   ed   in   modo   temporalmente   e    finanziariamente
proporzionato alla restituzione dell'anticipazione»  -  la  Corte  ha
affermato che: 
        la violazione dell'art. 119, sesto comma, Costituzione deriva
dalla circostanza che le anticipazioni di liquidita'  integrano  «una
forma straordinaria di indebitamento a lungo termine e  -  in  quanto
tali - sono utilizzabili in senso  costituzionalmente  conforme  solo
per pagare passivita'  pregresse  iscritte  in  bilancio.  Esse  sono
prestiti di carattere eccezionale finalizzati a rafforzare  la  cassa
quando l'ente territoriale  non  riesce  a  onorare  le  obbligazioni
passive secondo la fisiologica scansione dei tempi di  pagamento.  La
loro eccezionalita' dipende essenzialmente dal fatto:  a)  di  essere
inscindibilmente collegate a una sofferenza della cassa; b) di essere
frutto di un rigoroso bilanciamento di interessi  rilevanti  in  sede
costituzionale  e  dell'Unione  europea;  c)  di  essere  un  rimedio
contingente, non riproducibile serialmente nel  tempo  e  inidoneo  a
risanare bilanci strutturalmente in perdita» (§ 4.1  del  Considerato
in diritto); 
        le disposizioni censurate realizzano un'illegittima influenza
sugli equilibri strutturali di bilancio in violazione degli artticoli
81  e  97   Costituzione;   infatti,   permettere   la   sostituzione
dell'accantonamento   a   titolo   di   FCDE   mediante   la   doppia
contabilizzazione dell'anticipazione di liquidita' (che,  nell'ottica
delle  disposizioni  censurate,  non  solo  determina   il   naturale
incremento del saldo di cassa di fine esercizio, ma  viene  impiegata
anche per l'indebita sostituzione del FCDE) «vanifica la possibilita'
di  stimare  le   risorse   disponibili   secondo   prudenza,   cosi'
contraddicendo il presupposto funzionale del fondo stesso»  destinato
alla svalutazione crediti di  dubbia  esigibilita',  individuabile  -
come chiarito dalla sentenza n.  138  del  2013  -  nella  necessaria
integrazione  legale  al  «principio   della   previa   dimostrazione
analitica dei crediti e delle somme da riscuotere, iscrivibili  nelle
partite dei residui attivi e computabili ai fini [del  risultato  di]
amministrazione, [connotato dalla] stretta inerenza  ai  concetti  di
certezza e attendibilita' che  devono  caratterizzare  le  risultanze
della gestione economica e finanziaria» (§  4.2  del  Considerato  in
diritto). 
    6. Rilevanza della questione. 
    Ad avviso della Sezione, il presente  giudizio  non  puo'  essere
definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della  questione  di
legittimita' costituzionale relativa agli artticoli 39-ter, commi 2 e
3, del decreto-legge n. 162/2019. 
    L'art.  243-quater,  comma  3,  TUEL  prevede  che  «La   sezione
regionale  di  controllo  della  Corte  dei  conti   [...]   delibera
sull'approvazione o sul diniego del piano, valutandone la  congruenza
ai fini del riequilibrio». 
    Le «Linee guida per l'esame del piano di riequilibrio finanziario
pluriennale  e  per  la  valutazione  della  sua   congruenza   (art.
243-quater, TUEL)», adottate  dalla  Sezione  delle  autonomie  della
Corte dei conti con deliberazione n. 5 del 2018, hanno precisato, tra
l'altro, che: 
        la valutazione di congruenza demandata alla Sezione regionale
di controllo della Corte dei conti va  effettuata  alla  stregua  del
principio contabile generale degli enti locali (Allegato 1 al decreto
legislativo n. 118/2011)  cosi'  definito:  «la  congruita'  consiste
nella verifica dell'adeguatezza dei  mezzi  disponibili  rispetto  ai
fini stabiliti. 
    Il principio si collega a quello della coerenza, rafforzandone  i
contenuti di carattere finanziario, economico e  patrimoniale,  anche
nel rispetto degli equilibri di bilancio. La congruita' delle entrate
e delle spese  deve  essere  valutata  in  relazione  agli  obiettivi
programmati, agli andamenti storici ed al riflesso nel periodo  degli
impegni pluriennali che sono coerentemente rappresentati nel  sistema
di bilancio nelle fasi di previsione e programmazione, di gestione  e
rendicontazione»; 
    La valutazione  del  piano  impone  un  giudizio  in  termini  di
veridicita'  e  attendibilita'  delle  previsioni   e,   quindi,   di
sostenibilita' finanziaria del riequilibrio in base  alle  previsioni
ritenute veritiere e attendibili. 
    Le disposizioni introdotte dall'art. 39-ter del decreto-legge  n.
162/2019 prevedono meccanismi di ripiano dell'eventuale peggioramento
del disavanzo conseguente all'incremento dell'accantonamento  al  FAL
effettuato  in   sede   di   rendiconto   2019   (comma   2)   e   di
contabilizzazione del medesimo fondo (comma 3) direttamente incidenti
sulla sostenibilita' del piano di riequilibrio del Comune di Lecce. 
    Invero,   avendo   quest'ultimo    fatto    applicazione    delle
disposizioni, dichiarate illegittime dalla Corte  costituzionale  con
la sentenza n. 4 del 2020, che consentivano l'utilizzo del FAL per il
finanziamento del FCDE, il disavanzo oggetto di recupero mediante  il
piano di riequilibrio subisce un incremento  di  circa  euro  30  mln
(corrispondente al nuovo accantonamento a titolo di FAL nel risultato
di amministrazione 2019) che l'ente - sulla base  delle  disposizioni
in esame - potrebbe recuperare in un arco temporale corrispondente  a
quello del piano di restituzione  dell'anticipazione  ricevuta  (fino
a trenta anni) mediante un meccanismo di  contabilizzazione  del  FAL
svincolato dall'effettiva realizzazione dei  residui  attivi  e  che,
diversamente  dal  vigente  principio  contabile,  lo  esonera  dalla
necessita' di reperire risorse per assicurare la  restituzione  della
liquidita' incassata. 
    Dubitando  della  compatibilita'   costituzionale   delle   nuove
modalita'  di  ripiano  del  maggior  disavanzo  e   della   connessa
contabilizzazione del  FAL,  solo  all'esito  del  vaglio  di  quella
compatibilita'  sara'  possibile  per  la  Sezione   attendere   alla
valutazione di congruenza di cui essa e' intestataria. 
    In altri termini, le disposizioni introdotte dall'art. 39-ter del
decreto-legge  n.  162/2019  si  pongono  quale  paradigma  normativo
ineludibile ai fini della valutazione a cui e' chiamata la Sezione in
ordine al piano  di  riequilibrio  approvato  dal  Comune  di  Lecce,
sussistendo «un nesso di pregiudizialita' fra  la  risoluzione  della
questione di legittimita' costituzionale  e  la  decisione  del  caso
concreto» (Corte costituzionale, sentenza n. 77 del  1983;  in  senso
conforme, sentenze n. 10 del 1979, n. 420 del 1991, n. 343 del  1993,
n. 390 del 1996, n. 92 del 2013). 
    7. La non manifesta infondatezza della questione. 
    La Sezione ritiene che  i  commi  2  e  3  dell'art.  39-ter  del
decreto-legge n. 162/2019 siano in contrasto con i parametri  di  cui
agli  articoli  81,  97,  primo  comma,  119,  sesto  comma   e   136
Costituzione per le ragioni di seguito emarginate. 
    7.1 Violazione dei  principi  di  sana  ed  equilibrata  gestione
finanziaria. 
    7.1.1 In primo luogo, sono violati agli artticoli 81 e 97,  primo
comma, Costituzione, sotto il profilo della lesione dell'equilibrio e
della sana gestione finanziaria del bilancio e per contrasto con  gli
interdipendenti principi di copertura pluriennale della  spesa  e  di
responsabilita' nell'esercizio del mandato elettivo. 
    L'art. 39-ter, dopo aver previsto l'accantonamento  del  FAL  nel
risultato di amministrazione al 31 dicembre 2019 per un importo  pari
all'ammontare complessivo delle anticipazioni di cui al decreto-legge
n.  35/2013  incassate  negli  esercizi  precedenti  e   non   ancora
rimborsate a fine esercizio 2019 (comma 1), prescrive che l'eventuale
peggioramento del disavanzo di amministrazione al  31  dicembre  2019
rispetto all'esercizio  precedente,  per  un  importo  non  superiore
all'incremento dell'accantonamento al fondo  effettuato  in  sede  di
rendiconto 2019, sia ripianato annualmente, a decorrere dal 2020, per
un importo pari all'ammontare dell'anticipazione rimborsata nel corso
dell'esercizio (comma 2). 
    La declaratoria di illegittimita' contenuta nella sentenza  della
Corte costituzionale n. 4 del 2020 ha prodotto l'eliminazione di  una
tecnica contabile (assorbimento del valore di  un  accantonamento  in
altro,  con  minore  accantonamento  complessivo  nel  risultato   di
amministrazione),  disvelando  l'effettivo  ammontare  dei  disavanzi
risultanti dai rendiconti nei quali e' avvenuta la sua applicazione. 
    Come chiarito dalla Corte costituzionale, «Se i precetti espressi
negli articoli 81 e 97, primo comma, Costituzione, hanno i  caratteri
di principi generali,  nondimeno  essi  sono  anche  invertiti  dalle
specifiche disposizioni normative che disciplinano - a  regime  -  la
gestione dei disavanzi degli enti territoriali» (sentenza n.  18  del
2019, § 5 del Considerato in diritto). 
    Per quanto concerne gli enti locali, vengono in rilievo: 
        l'art. 9 della legge n.  243/2012  (nel  testo  risultante  a
seguito delle modifiche introdotte dalla legge  12  agosto  2016,  n.
164) che, dopo aver  previsto  che  i  bilanci  di  regioni,  comuni,
province, citta' metropolitane e Province autonome  di  Trento  e  di
Bolzano si considerano  in  equilibrio  quando,  sia  nella  fase  di
previsione che di rendiconto, conseguono un saldo  non  negativo,  in
termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali (comma
1), dispone che qualora, in sede di rendiconto di gestione,  uno  dei
citati enti registri un valore negativo del saldo di cui al  medesimo
comma 1, lo stesso adotta «misure di correzione tali  da  assicurarne
il recupero entro il triennio successivo, in quote  costanti»  (comma
2); 
        l'art. 188 («Disavanzo di amministrazione») TUEL, in base  al
quale «L'eventuale disavanzo di amministrazione, accertato  ai  sensi
dell'art. 186, e' immediatamente applicato all'esercizio in corso  di
gestione  contestualmente   alla   delibera   di   approvazione   del
rendiconto. [...] Il disavanzo di amministrazione puo'  anche  essere
ripianato negli  esercizi  successivi  considerati  nel  bilancio  di
previsione, in ogni caso non  oltre  la  durata  della  consiliatura,
contestualmente all'adozione di una  delibera  consiliare  avente  ad
oggetto il piano di rientro dal disavanzo nel quale siano individuati
i provvedimenti necessari a ripristinare il pareggio» (comma 1). 
    Nell'ambito di tale tessuto normativo  sono  state  apportate  le
seguenti deroghe: a) l'art. 3, comma 16, del decreto  legislativo  n.
118/2011, che prevede un ripiano in non piu' di 30 esercizi  a  quote
costanti l'anno dell'eventuale maggiore disavanzo di  amministrazione
al 1° gennaio 2015, determinato dal riaccertamento straordinario  dei
residui e dal primo accantonamento al FCDE; b) l'art. 243-bis,  comma
5-bis, TUEL, che consente, a comuni e Province per i quali sussistano
squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il  dissesto
finanziario, di ricorrere a  un  piano  di  riequilibrio  finanziario
pluriennale la cui durata e' attualmente compresa tra quattro e venti
anni. 
    Con riferimento all'art. 3, comma 16, del decreto legislativo  n.
118/2011, la Corte costituzionale ha peraltro evidenziato  la  natura
eccezionale dell'ipotesi legislativa «sorretta dal convincimento  che
in sede di riaccertamento straordinario sarebbero emersi,  una  volta
per tutte, i  consistenti  disavanzi  reali,  cui  si  sarebbe  posto
rimedio, in via definitiva, con un rientro pluriennale» (sentenza  n.
18 del 2019, § 5.1 del Considerato in diritto). 
    Pertanto, in base alla disciplina ordinaria,  i  disavanzi  degli
enti locali devono essere ripianati entro il triennio considerato dal
bilancio  di  previsione  e,  comunque,   entro   la   durata   della
consiliatura. 
    Il fondamento di tale regola e'  stato  individuato  dal  giudice
costituzionale nel principio di responsabilita' del mandato elettivo,
secondo  cui  ciascun  amministratore  democraticamente  eletto  deve
rispondere   del   proprio   operato   agli   amministrati:    «[...]
l'ordinamento  finanziario-contabile  prevede,  in  via  gradata:  a)
l'immediata copertura del deficit  entro  l'anno  successivo  al  suo
formarsi; b) il rientro  entro  il  triennio  successivo  (in  chiaro
collegamento con la programmazione triennale) all'esercizio in cui il
disavanzo viene alla  luce;  c)  il  rientro  in  un  tempo  comunque
anteriore alla scadenza del mandato elettorale nel  corso  del  quale
tale disavanzo si e' verificato. In sostanza, la  fattispecie  legale
di base stabilisce che: a) al deficit si deve  porre  rimedio  subito
per  evitare  che  eventuali  squilibri  strutturali  finiscano   per
sommarsi nel tempo  producendo  l'inevitabile  dissesto;  b)  la  sua
rimozione non puo' comunque superare il  tempo  della  programmazione
triennale e quello della scadenza del mandato  elettorale,  affinche'
gli  amministratori  possano  presentarsi  in  modo  trasparente   al
giudizio dell'elettorato al termine del loro mandato, senza  lasciare
"eredita'" finanziariamente onerose e indefinite ai loro successori e
ai futuri amministrati; c) l'istruttoria  relativa  alle  ipotesi  di
risanamento deve essere congrua e coerente sotto il profilo  storico,
economico e giuridico» (sentenza  n.  18  del  2019);  «Il  principio
dell'equilibrio di bilancio non corrisponde ad  un  formale  pareggio
contabile, essendo intrinsecamente collegato alla continua ricerca di
una stabilita' economica di media e lunga durata,  nell'ambito  della
quale la responsabilita' politica del mandato elettorale si esercita,
non solo  attraverso  il  rendiconto  del  realizzato,  ma  anche  in
relazione al consumo delle risorse impiegate»  (sentenza  n.  18  del
2019, richiamata sul punto dalla sentenza n. 4 del 2020). 
    Cio'  posto,  con  il  comma  2  dell'art.  39-ter,   l'eventuale
peggioramento  del   disavanzo   al   31   dicembre   2019   rispetto
all'esercizio precedente, per un importo non superiore all'incremento
dell'accantonamento al fondo anticipazione di  liquidita'  effettuato
in sede di rendiconto 2019, trova un unico indifferenziato sistema di
rientro, scisso  e  indipendente  dagli  esercizi  nei  quali  si  e'
formato, che viene calibrato sulla restituzione  delle  rate  annuali
residue delle anticipazioni di liquidita' ricevute negli anni, aventi
un orizzonte massimo trentennale. 
    In sostanza, il disavanzo in ipotesi emergente  dall'obbligatorio
accantonamento dell'intera anticipazione non rimborsata alla data del
31 dicembre 2019 viene a essere ripianato,  annualmente,  della  sola
quota rimborsata nel corso dell'esercizio, con conseguente incremento
della capacita' di spesa. 
    Si assiste, pertanto, a una rilevante deroga al normale regime di
rientro dal disavanzo; e cio' in assenza di circostanze  eccezionali,
espresse o comunque rinvenibili  nell'ordinamento  finanziario  degli
enti locali, che possano giustificare tale divaricazione. 
    La norma in  esame,  abbandonando  la  disciplina  ordinaria,  ne
vulnera i  principi  ispiratori,  producendo  l'effetto  perverso  di
consentire il trasferimento dell'onere del debito  (disavanzo)  dalla
generazione che ha goduto dei vantaggi della spesa corrente a  quelle
successive,  considerato  che  il  ripiano  del  disavanzo  segue  il
medesimo ammortamento trentennale dell'anticipazione. 
    In tal  modo  risultano  ingiustificatamente  incisi  «elementari
principi di equita' intergenerazionale», comportanti  «la  necessita'
di non gravare in modo sproporzionato sulle opportunita' di  crescita
delle generazioni future, garantendo loro risorse sufficienti per  un
equilibrato sviluppo» (sentenza n. 18 del 2019). 
    Principi analoghi sono stati espressi dalla sentenza della  Corte
costituzionale  n.  107  del  2016,  con  cui   e'   stata   rilevata
l'incompatibilita' con la  Costituzione,  e  in  particolare  con  il
principio  dell'equilibrio  di  bilancio,  delle  misure  legislative
tendenti a perpetuare nel tempo  il  deficit  strutturale  attraverso
plurimi rinvii, si' da impedire un effettivo  risanamento  dell'ente:
«Ferma restando la discrezionalita' del legislatore nello scegliere i
criteri e le modalita' per porre riparo  a  situazioni  di  emergenza
finanziaria [...], non puo' tuttavia disconoscersi la problematicita'
di  soluzioni  normative  continuamente  mutevoli  [...],  le   quali
prescrivono il riassorbimento dei disavanzi in archi temporali  molto
vasti, ben oltre  il  ciclo  di  bilancio  ordinario,  con  possibili
ricadute negative anche in termini di equita' intergenerazionale»  (§
4.1 del Considerato in diritto). 
    7.1.2 Quanto alle modalita' di utilizzo del  fondo  anticipazione
liquidita', il comma 3 dell'art. 39-ter stabilisce che: 
        nel bilancio di previsione 2020-2022:  i)  fra  le  poste  di
entrata dell'esercizio 2020 e' iscritto  un  importo  pari  al  fondo
anticipazione   di   liquidita'   accantonato   nel   risultato    di
amministrazione 2019, come utilizzo del risultato di amministrazione;
ii) il medesimo importo  e'  iscritto  come  fondo  anticipazione  di
liquidita' nel titolo 4 della missione 20 - programma 03 della  spesa
dell'esercizio 2020, riguardante il rimborso dei prestiti,  al  netto
del rimborso dell'anticipazione effettuato nell'esercizio (lett. a); 
        a partire dal bilancio 2021 e fino al completo  utilizzo  del
fondo anticipazione  di  liquidita',  fra  le  poste  di  entrata  e'
applicato il fondo stanziato in spesa dell'esercizio precedente e  in
spesa  e'  stanziato  lo  stesso  fondo,  al   netto   del   rimborso
dell'anticipazione effettuato nell'esercizio (lett. b); 
    a. La disciplina in esame consente di finanziare la  restituzione
delle quote  annuali  di  rimborso  dell'anticipazione  ricevuta  con
l'utilizzo  della  quota  accantonata  come  FAL  nel  risultato   di
amministrazione. 
    In  base  all'esempio   prima   prospettato   (anticipazione   di
liquidita' per 300, con piano di ammortamento trentennale), le  nuove
modalita' di contabilizzazione del FAL possono essere schematicamente
cosi' rappresentate: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Si  tratta  di  un  meccanismo  che  realizza  una  soluzione  di
continuita'  rispetto  alla  disciplina   racchiusa   nel   principio
contabile applicato concernente la contabilita' finanziaria (allegato
n. 4/2 al decreto legislativo n. 118/2011,  punto  3.20-bis),  che  -
come  sopra  visto  -  richiede,  per  gli  enti  locali  beneficiari
dell'anticipazione  di  liquidita'  ex  decreto-legge  n.  35/2003  e
successivi rifinanziamenti, l'acquisizione di nuove  risorse  per  il
pagamento della restituzione della rata annuale. 
    In particolare,  la  citata  deliberazione  della  Sezione  delle
autonomie della Corte dei conti n. 28 del 2017  -  a  cui  rinvia  il
principio contabile applicato - ha  affermato  che  «[...]  l'impegno
contabile per rimborso  dell'anticipazione  va  imputato  ai  singoli
bilanci degli esercizi  successivi  in  cui  vengono  a  scadenza  le
obbligazioni  giuridiche  passive   corrispondenti   alle   rate   di
ammortamento annuali. La relativa copertura finanziaria va assunta  a
valere  sulle  risorse  che  concorrono  all'equilibrio  corrente  di
competenza, individuate ex novo ovvero rese disponibili  per  effetto
di una riduzione strutturale della spesa  (Sezione  delle  autonomie,
deliberazione n. 33/SEZAUT/2015/QMIG). Appare, quindi,  evidente  che
la copertura per  le  quote  annuali  di  rimborso  non  puo'  essere
individuata  nel  predetto  fondo  anticipazione  di  liquidita'  nel
rispetto  dei   principi   costituzionali   di   buon   andamento   e
sostenibilita'  del  debito  pubblico  sanciti  dall'art.  97   della
Costituzione». 
    Il principio contabile appare ispirato da  ragioni  di  prudenza;
non si confida nell'effettiva riscossione (in  conto  residui)  delle
entrate previste nei bilanci (la cui mancata acquisizione ha  causato
la crisi di liquidita' all'origine del ricorso all'anticipazione), ma
si richiedono nuove entrate (in conto competenza)  idonee  a  offrire
reale capacita' di restituzione della liquidita' ricevuta. 
    Il dubbio sulle  pregresse  coperture,  peraltro,  sembra  essere
avvertito dallo stesso  legislatore  del  decreto-legge  n.  35/2013,
allorquando prevede, ai fini del riallineamento della  cassa  con  la
competenza, che la  riscossione  dei  residui  attivi  necessari  per
procedere alla restituzione debba trascinarsi per ben trent'anni. 
    Atteso che risulterebbe illogico ipotizzare necessario un periodo
temporale cosi' esteso per  riscuotere  pregressi  crediti,  peraltro
gia' infruttuosamente da  tempo  esigibili,  la  lunga  modalita'  di
ammortamento sembra riposare su un diverso convincimento,  quello  di
ritenere quale altamente improbabile  la  realizzazione  dei  crediti
precedenti. 
    La scelta normativa di consentire un rimborso delle anticipazioni
esteso fino a tre decadi appare, dunque, permeata da uno  scetticismo
di fondo in ordine alle possibilita'  di  realizzazione  dei  crediti
precedenti. 
    A questa valutazione appare partecipare il giudice costituzionale
allorquando, nel dipanare l'ambigua  natura  delle  anticipazioni  di
liquidita', ha avuto modo di chiarire che la loro ratio e' quella  di
«[...] riallineare nel tempo  la  cassa  degli  enti  strutturalmente
deficitari con la competenza, attraverso un'utilizzazione limitata al
pagamento delle passivita' pregresse unita a contestuali risparmi nei
bilanci futuri, proporzionati alle  quote  di  debito  inerenti  alla
restituzione  della  anticipazione  stessa  cosi'  da  rientrare  dai
disavanzi gradualmente ed in modo  temporalmente  e  finanziariamente
proporzionato alla restituzione dell'anticipazione» (sentenza n.  181
del 2015). 
    Peraltro, sebbene conforme  a  questa  indicazione,  il  criterio
prescelto nel principio contabile di cui al  decreto  legislativo  n.
118/2011 (rata pagata con risorse nuove)  non  appare  pienamente  in
linea con lo schema dell'anticipazione, intesa  quale  erogazione  di
liquidita'  destinata  a  superare  momentanee  tensioni  di   cassa,
consentendo di sostenere le spese in  attesa  che  si  realizzino  le
entrate poste a copertura in bilancio. 
    In relazione a cio', come in precedenza osservato (cfr. § 4),  il
FAL e' stato previsto come  una  mera  scritturazione  contabile  (il
fondo e' fittizio e rappresentativo di  un  debito  da  onorare)  per
impedire che le risorse introitate mediante  l'anticipazione  possano
essere utilizzate per finalita' diverse da quelle  previste  ex  lege
(pagamento dei debiti commerciali della PA). 
    Trattandosi di spese gia' previste, sono le pregresse entrate  di
bilancio  che  dovrebbero,  teoricamente,  permettere  con  la   loro
riscossione, entro un tempo ragionevolmente contenuto,  il  pagamento
del debito nei confronti di CDP. 
    La restituzione dell'anticipazione verrebbe cioe' a basarsi sulla
realizzazione dei crediti (residui attivi) che sostenevano  i  debiti
sostituiti  e  questo  sistema  dovrebbe,  astrattamente,  garantirne
l'adempimento. 
    b. Cio' posto, la nuova disciplina di cui al  comma  3  dell'art.
39-ter - prevedendo l'iscrizione fra le entrate  dell'esercizio  2020
di  un  importo  pari   al   FAL   accantonato   nel   risultato   di
amministrazione 2019 e dal 2021 in poi l'applicazione fra le  entrate
del fondo stanziato  in  spesa  dell'esercizio  precedente  -  sembra
tendenzialmente   coerente,   prescindendo   dall'anomalo   orizzonte
temporale dell'ammortamento,  con  lo  schema  dell'anticipazione  di
cassa, non richiedendo risorse nuove per la restituzione  delle  rate
annuali. 
    Tale coerenza e', tuttavia, compromessa dalla mancata  previsione
legislativa di un vincolo formale fra la  progressiva  riduzione  del
FAL e la connessa  riduzione  (per  effetto  della  riscossione)  dei
residui attivi. 
    Si  deve  rilevare  che   mentre   nell'ipotesi   della   normale
anticipazione di tesoreria vi e' la  previsione  del  limite  massimo
percentuale in dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo  anno
precedente afferenti ai primi tre  titoli  di  entrata  del  bilancio
(art. 222  TUEL),  limitazione  quantitativa  che  appare  diretta  a
garantirne la restituzione, evitando  che  l'anticipazione  di  cassa
debordi in un surrettizio mezzo di copertura della  spesa  (cfr.,  su
quest'ultima funzione, Corte  costituzionale,  sentenza  n.  188  del
2014),  nell'anticipazione  di  liquidita'  la   sostenibilita'   del
rimborso e' priva di tutele. 
    Per  contenere  l'utilizzo  del  FAL  nell'ambito  di  una   mera
operazione di cassa, fedele al suo  significato  di  «anticipazione»,
l'iscrizione in entrata non  puo'  risultare  insensibile  e  slegata
dalla sorte  del  complesso  dei  pregressi  residui  attivi  che  la
giustificano. 
    In altri termini, intanto  puo'  sostenersi  -  sul  piano  della
rappresentazione contabile - che la  restituzione  dell'anticipazione
trovi copertura nel  FAL,  in  quanto  -  sul  piano  della  gestione
finanziaria - si  verifichi  l'effettiva  realizzazione  dei  residui
attivi posti a copertura delle spese soddisfatte con  l'anticipazione
stessa. 
    Se cosi' non fosse, a  fronte  della  mancata  realizzazione  dei
residui  attivi,  la  restituzione  delle   rate   dell'anticipazione
finirebbe per essere assicurata dalla  liquidita'  proveniente  dalle
risorse  correnti;  tale  evenienza  snaturerebbe,  nella   sostanza,
l'anticipazione in una forma di indebitamento  che  -  ove  i  debiti
pregressi  non   corrispondessero   a   spese   di   investimento   -
determinerebbe   la   violazione   dell'art.   119,   sesto    comma,
Costituzione. 
    Si verificherebbe, dunque, un'operazione artificiosa e deleteria:
ogni anno il FAL verrebbe gradualmente a  diminuire  senza  assistere
alla corrispondente realizzazione (e quindi riduzione) dei pertinenti
residui attivi, con negative  ripercussioni,  in  particolare,  sulla
divaricazione tra cassa e competenza che,  al  contrario,  l'istituto
voleva risolvere. 
    Pertanto,  la  disposizione  in  esame  e'  in  contrasto  con  i
parametri della sana ed equilibrata gestione finanziaria, comprensivi
dell'indicato divieto d'indebitamento, nella parte in cui non prevede
che  la  riduzione  annuale  del  FAL  trovi   corrispondenza   nella
realizzazione dei correlati residui attivi. 
    La giurisprudenza costituzionale ha avuto modo  di  chiarire  che
«[...] la copertura finanziaria  di  una  spesa  e  l'equilibrio  del
bilancio  non  possono  essere  assicurati   solamente   dall'armonia
numerica degli stanziamenti in parte entrata e  spesa  (ex  plurimis,
sentenze n. 197 e n. 6 del 2019),  ma  devono  fondarsi  anche  sulla
ragionevolezza  dei  presupposti  giuridici  ed  economici   che   ne
sorreggono l'iscrizione in bilancio» (sentenza n. 227 del 2019) e che
«la copertura finanziaria delle spese deve indefettibilmente avere un
fondamento giuridico, dal momento che, diversamente opinando, sarebbe
sufficiente inserire qualsiasi numero [nel bilancio]  per  realizzare
nuove e maggiori spese» (sentenza n. 197 del 2019). 
    Copertura finanziaria  ed  equilibrio  integrano  «"una  clausola
generale in grado di operare pure  in  assenza  di  norme  interposte
quando  l'antinomia  [con  le   disposizioni   impugnate]   coinvolga
direttamente il precetto costituzionale: infatti 'la forza  espansiva
dell'art. 81, quarto [oggi terzo] comma, Costituzione, presidio degli
equilibri di finanza pubblica, si sostanzia in  una  vera  e  propria
clausola generale in grado di colpire tutti gli  enunciati  normativi
causa  di  effetti  perturbanti  la  sana  gestione   finanziaria   e
contabile' (sentenza n. 192 del 2012)" (sentenza n.  184  del  2016)»
(sentenza n. 274 del 2017). 
    Le modalita' di utilizzo del FAL introdotte dal decreto-legge  n.
162/2019  rappresentano,  nella  fragilita'   del   suo   presupposto
(effettiva riscossione delle pregresse entrate formalmente previste),
un potenziale fattore di rischio e di alterazione sugli equilibri  di
bilancio in violazione degli esposti principi costituzionali. 
    Si rileva, infine, che la soluzione legislativa,  utilizzata  con
frequenza sempre maggiore,  di  rimandare  e  stemperare  nel  tempo,
tramite l'istituto  dell'anticipazione  di  liquidita'  con  rimborso
pluriennale,  l'uso  di  risorse  da  parte  degli  enti  locali   in
difficolta'  finanziaria,  consente  a   quest'ultimi   di   liberare
nell'immediato disponibilita' da destinare anche a spese correnti  ma
provoca, nello stesso tempo, un aggravamento a carico degli  esercizi
futuri, con lesione dei principi di solidarieta' verso le generazioni
successive; come da ultimo evidenziato dal giudice costituzionale, il
carattere  eccezionale  delle  anticipazioni  di  liquidita'  dipende
essenzialmente dal fatto di essere, tra l'altro,  «[...]  un  rimedio
contingente, non riproducibile serialmente nel  tempo  e  inidoneo  a
risanare bilanci strutturalmente in perdita» (sentenza n. 4 del 2020,
cit.). 
    7.2 Elusione del giudicato costituzionale. 
    Le modalita' di ripiano del  disavanzo  introdotte  dal  comma  2
dell'art. 39-ter del decreto-legge n. 162/2019 integrano altresi'  la
violazione  dell'art.  136  della Costituzione,  per   elusione   del
giudicato costituzionale. 
    La  soluzione  prescelta  tradisce  le  indicazioni  offerte  dal
giudice costituzionale con la sentenza n. 4 del 2020 che, «in ragione
della peculiarita' del diritto del  bilancio  e  in  particolare  del
principio di equilibrio dinamico che sposta  nel  tempo  la  continua
tensione verso un bilanciato contrappeso tra  entrate  e  spese»,  ha
escluso la  necessita'  di  riapprovare,  risalendo  all'indietro,  i
bilanci antecedenti alla pronuncia, ritenendo «[...] sufficiente  che
siano  ridefinite  correttamente  tutte  le  espressioni  finanziarie
patologiche prodottesi nel tempo, applicando a  ciascuna  di  esse  i
rimedi giuridici consentiti nel periodo di riferimento,  in  modo  da
ricalcolare il risultato  di  amministrazione  secondo  i  canoni  di
legge». 
    In particolare, la Corte ha chiarito  che,  se  il  disavanzo  di
amministrazione  rideterminato  al  1°  gennaio  2015  attraverso  il
riaccertamento straordinario  dei  residui  potra'  essere  ripianato
mediante gli  accantonamenti  fino  al  limite  dei  trenta  esercizi
consentiti  dall'art.  3,  comma  16,  del  decreto  legislativo   n.
118/2011, «per i deficit ulteriormente maturati,  in  conformita'  al
principio tempus regit actum, saranno applicate le norme vigenti  nel
corso dell'esercizio in cui tale ulteriore deficit  e'  maturato»;  e
tanto al fine di «attribuire  "a  ciascuno  il  suo"  in  termini  di
responsabilita'  di  gestione,  affiancando  all'operato  del   breve
periodo la situazione aggiornata degli effetti delle  amministrazioni
pregresse». 
    Tali affermazioni, lungi dall'essere qualificabili  alla  stregua
di obiter dicta, hanno la valenza di  indicazioni  regolatorie  delle
conseguenze derivanti dalla  declaratoria  di  illegittimita'  e,  in
quanto tali, valgono a connotare il giudicato costituzionale. 
    Ne consegue che il meccanismo prefigurato dall'art. 39-ter, commi
2 e  3,  integra  un'elusione  dei  principi  affermati  dal  giudice
costituzionale con la sentenza n. 4 del 2020 in quanto, in  luogo  di
un ripiano rispettoso del principio della responsabilita' di mandato,
ne introduce uno difforme  e  di  nuovo  conio,  calibrato  sui  piu'
agevoli tempi di restituzione delle rate  annuali  dell'anticipazione
ricevuta, allo scopo di mitigare  gli  effetti  della  pronuncia  sui
bilanci degli enti locali. 
    In   proposito,   giova   ricordare   che    la    giurisprudenza
costituzionale ha piu' volte stigmatizzato «le disposizioni  con  cui
il legislatore, statale o  regionale,  interviene  per  mitigare  gli
effetti di una pronuncia di illegittimita' costituzionale»  (sentenza
n. 224 del 2016) nonche' «la volonta'  legislativa  di  mantenere  in
piedi o di ripristinare, sia pure indirettamente, in contrasto con il
sistema dell'efficacia delle decisioni caducatorie,  gli  effetti  di
quella struttura normativa che aveva formato oggetto della richiamata
pronuncia di illegittimita' costituzionale» (sentenze n. 72 del  2013
e 99 del 2012). 
    8. Conclusioni. 
    Per le ragioni esposte, i commi 2 e 3 dell'art. 39-ter,  comma  2
del decreto-legge n. 162/2019 (convertito, con  modificazioni,  dalla
legge 28 febbraio 2020, n. 8) appaiono in conflitto con  i  parametri
di cui agli articoli  81  e  97,  primo  comma, Costituzione,  che  -
insieme all'art. 119, comma sesto, Costituzione -  operano  «in  modo
strettamente integrato nel  contesto  di  fondamentali  principi  del
diritto del bilancio» e che «pur  presidiando  interessi  di  rilievo
costituzionale  tra  loro  distinti,  risultano   coincidenti   sotto
l'aspetto  della  garanzia  della  sana   ed   equilibrata   gestione
finanziaria» (sentenza n. 18 del 2019),  oltre  che  con  l'art.  136
Costituzione.